132 LA SCHIAVITÙ DEL MARSIGLI godetti nella villa di Bel Poggio del marchese Azzolini, mio tanto amico) mi resi affatto alla salute. Indi con le poste' mi portai a soddisfare i voti alla Santa Casa di Loreto ed alla Santissima Annunziata di Firenze; dove mi fu dato 1’ onore di presentarmi al granduca Cosmo, al principe Ferdinando ed a Don Castone (eh’erano allora il sangue di quella Serenissima Casa), e di essere da’ medesimi benignamente accolto. Riportatomi poi alla patria, mi accadde lo strano caso che siegue. Un religioso, di un certo ordine a me ignoto, venne a trovarmi una mattina che stavo sotto il barbiere e, sedutosi appresso di me, disse di avere un urgentissimo negozio da presentarmi, il quale era di mio servigio e che non ammettea dilazione. Una esagerazione così grande m’obbligò a levarmi dalla sedia, con mezza barba, ed andare ad un gabinetto a discorrere con lui. Egli mi disse che un certo uomo se gli era insinuato e gli avea riferto che gli erano state promesse cento doppie per uccidermi e che n’ avea già riceute venti. Altrettanto strana mi fu questa notizia, quanto io sapevo di non aver alcuna persona disgustata e che dovevo piuttosto esser commiserato per una schiavitudine così duramente patita (toltomi dalla quale mi pareva di essere rinato), che diventare oggetto dell’altrui odio. Contuttociò usai ogni diligenza per tro-