20 LA SCHIAVITÙ DEL MARSIGLI di cavallo e fior di pietra), le gambe gonfie dal peso de’ ferri e dal gran camminare, col corpo indurito dalla parte sinistra. Nutrito di cattivi cibi e d’acque fetide in tanto tempo, per altro è fatto uomo più complesso, nero di carne, e porta perrucca. Conta cose grandi, ma probabili, e tra l’altre una è che in questo tempo di sua schiavitù mai ha dormito a coperto e sempre su la nuda terra. Si è posto qui in purga e, finita questa, torna in Germania, col fratello conte Filippo, al comando della sua compagnia, nel reggimento di Caprara. Lasciamo da banda qualche inesattezza del relatore, minutissimo sì, ma sovente trascuratissimo, e non vogliamo far caso a quella sua aria o indifferente o di assennato poltrone assunta davanti a chi, stato in guerra per far di codesti bei guadagni, non rinsavisce e ora si tira dietro un fratello; perchè appunto riferendoci che questo giovane distrutto pensa già di tornare all’ alta guerra contro il turco, ci ha dato senza volere e senza capire un bel tratto eroico, raro, ma naturale e non unico in lui, sempre fiero, animoso, risoluto. Osserviamo che nessuno, letto Ragguaglio e Autobiografia, imparato che a Venezia il medico Grandi con certi purganti calibeati l’aveva salvato dal pericolo dell’ idropisia e rimesso in salute, poteva immaginare che poi a Bologna arrivasse iu quelle condizioni, se di ciò egli non fa nemmeno parola. M a non si raccoglie solo questo in quella copiosissima cronaca bolognese; la quale forse per essere composta di ben 95 grossi volumi fa perdere a molti la voglia di sfogliarla (e sì più d’uno, che in