128 LA SCHIAVITÙ DEL RIARSIGLI mia vita. E continuando il viaggio giunsi in due notti a Studenza, dalla quale in altre due (passando a vista del castello di Dovaria) mi resi per asprissime strade a Magasca, guidato da due morlacchi; li quali mi condussero alla casa di Marco Bassi e propriamente ad un affumicato camino, dove mi furon date alcune sardelle ed un boccale di vino : liquore di cui tanto tempo ero stato digiuno. Buttatomi poi sopra di alcuni legni da fuoco, caddi in un profondissimo sonno e non ne fui ritolto se non allo spuntar del giorno dagli abbracciamenti dell’amico del Mozzato e del padre guardiano de’ francescani di Magasca ; ond’ io per il sonno e per la debolezza quasi stupido non sapevo conoscere se vegliavo o pur sognavo, o se fossi libero o ancor tra le catene. Mi portarono costoro di peso al convento de’ francescani, dove erano preparati vestiti, biancherie, letto morbidissimo ed acqua calda per lavarmi : mutazione che mi richiamò dalla morte alla vita e che, tenendomi per tre giorni continui quasi delirante, mi pose in una grande inquietudine ed appetenza di voler mangiare tutto quello che mi rappresentava il gusto nel-l’idea ; non dubitando che si potesse soffrire un’ altra miserabile schiavitudine per riavere quel giubilo cordiale che dava il piacer della libertà.