84 LA SCHIAVITÙ DEL MARSIGLI reva vero ; a segno tale eh’ io non mi poteva trattenere di esagerare, che la contentezza della libertà superava tutti i dolori sofferti nella schiavitù che avevo provato nella descritta forma. Subito comparve l’amoroso mio amico, dottor medico Grandi, che interessandosi con tenerezza nella mia salute, dopo d’avermi riconosciuto, confessò che senza il grand’ aiuto delle orine sarei già o morto o ridotto incurabile idropico. E con purganti calibeati in due settimane di tempo mi rimise in salute, da potere ripigliare il mio viaggio, prima per Bologna a rivedere il tetto paterno, i fratelli, e passare alla Santa Casa ed indi alla Santissima Vergine Nunziata di Firenze; dove lasciai appese le mie catene. E meglio consolidato di forze, ripresi il mio cammino per Linz, a’ piedi deli’ imperator Leopoldo che, con clemenza verso di me e curiosità somma per lui, volle sentirmi più volte e massime sopra del contegno de’ turchi, venendo il di lui soccorso a Vienna. Ripigliai i miei impieghi, avanzandomi sempre di grado in grado ed abilitandomi anche per servirlo nella pace e poi, nell’ esecuzion d’essa, stabilendo così vasti limiti fra ambi gl’ imperi cesareo ed ottomano ; dove ebbi incontro di vedere in poca distanza quella montagna di Rama, a’ piedi della quale ero stato schiavo. E riconoscendo quei contorni, assistito