ARMI DA FUOCO LUNGHE 91 con l’asse della ruota r'. In tal caso è chiaro che, abbattendo il cane S fino a toccare lo scodellino, il mollone M si comprime fino a che una levetta / (II), tenuta sempre a contatto della periferia della ruota r da una molla m, s’incastra nel dente d. In tal posizione liberando dalla testa di vite v la piastrina o, il cane S ridiventa folle sull’asse r e la ruota resta caricata indipendentemente dai successivi movimenti di esso. Inoltre il coperchio C dello scodellino è unito ad una leva a (II, IV e V) su cui inferiormente preme una molletta b che tende a spingerla nel senso di aprire. Tale sforzo però è contrastato da un’altra leva e (II e V) che con un dente g mantiene la levetta a nella posizione della figura II. La leva e sporge esternamente sulla piastra di scatto con un piuo-letto K (V) sicché il cane S' quando è portato dalla posizione della figura II a quella della figura IV, urta contro il piuoletto K, la leva a resta libera, e, sotto l’azione della molletta b, si abbatte, quindi il coperchio dello scodellino si apre. L’arma è pronta a far fuoco. Premendo sul grilletto si ha per effetto lo spostamento della leva l dal dente d (IV) e quindi la rotazione ra-è pidissima della ruota r la quale con la parte dentata fa ruotare con la stessa rapidità la ruota r e quindi si producono nello scodellino, dall’attrito fra la ruota e la pietra focaia, le scintille, che danno poi fuoco alla polvere. Ho già detto che sulla canna vi sono tre fori; questi sono muniti di piastrine scorrevoli verticalmente, anch’esse forate in modo che il foro della canna si trova in corrispondenza con quello della piastrina solamente quando questa è completamente sollevata (se a); invece ogni comunicazione è intercettata quando la piastrina è abbassata (fi). Lo scodellino inoltre si prolunga anteriormente con una scanalatura con coperchio c' (II). Si comprende ora come quest’arma si caricasse tre volte, cioè con tre cariche sovrapposte ed isolate fra loro ; infatti la distanza fra i fori è di 0,04. Al primo colpo era tenuta sollevata la sola piastrina anteriore, al secondo quella intermedia ed al terzo quella posteriore; s’intende che dopo ciascun colpo occorreva rifornire lo scodellino e ricaricare la molla con la rotazione del cane S. L’Angelucci parlando di quest’arma (Archivio Veneto, voi. Vili, parte I) dice che ha il doppio cane per maggior sicurezza di attaccare il fioco. Dopo quanto ho esposto risulta evidente che il doppio cane ha uno scopo ben diverso e risulta ancora una volta luminosamente, quanto studio, quale arte, e quanta perizia mettessero i gloriosi artefici dell’ Italia nostra nel compiere i loro lavori. Quest’ ingegnoso sistema di ripetizione non credo però offrisse all’atto pratico molta sicurezza ed è da supporre che l’arma descritta rimanesse allo stato di modello come varie altre dello stesso inventore.