128 CAPITOLO XV congegno di scatto a ruota nel mezzo. 11 ferro è tutto ornato con bellissimi fregi all'agemina d’argento. Da un lato un leone alato e alcune iniziali così disposte : G MR BIN F e dall’altro una figura di donna molto primitiva raffigurante la giustizia con la bilancia e la spada, uno stemma cui è cancellata l’arma, sormontato dal berretto dogale, alcuni simboli (un’ ala, una mano), e la lettera M. Le lettere disposte come sopra fecero nascere il dubbio all’ Angelucci che l’arma fosse lavoro di Giorgio Maria Bergamin, ciò che però lo faceva molto dubitare dell’esattezza della sua ipotesi era il nome di Maria. Io credo invece che si tratti non di Giorgio ma di Giovanni Maria Bergamini, l’inventore del cannoncino a 20 canne, descritto al numero P 9. L’arma pesa kg. 4.400. OH — Alabarda con spuntone a quadrello lungo 0.292, che si apre a cerniera, scoprendo una canna da fuoco disposta neH’interno dell’asta. Ferro con scure lunata e spuntone dal lato opposto. Asta di legno ottagona, ornata con bullette di ottone, in due pezzi riuniti al centro a vite. E notevole che nel pezzo inferiore dell’asta è disposta un’altra canna da fuoco chiusa alla bocca da un corto spuntone quadrangolare con cerniera e molla. Mancano i due congegni di scatto, ma vi sono tracce del posto ove erano collocati. Ciascuna canna è lunga 1.00 e tutta l’arma 2.38. Pesa kg. 5.600. Nell’inventario del 1773: Manerini con canna da fuoco due e nell’atto di consegna del Guerra del 1799: Manarini ossiano Piche due. Non avendo potuto tradurre il termine Manarìno, dal confronto dei due inventari e dalla spiegazione aggiunta nel secondo, suppongo trattisi appunto di queste due alabarde chiamate anche con parola generica Picche. Il Gravembroch ne riproduce una con lo scritto: Alabarda con punta e canna per 14 archibugiate. Non mi è riuscito di capire come quest’arma potesse sparare più di due colpi, uno per ciascuna canna.