ARTIGLIERIE 121 I suddetti cannoni dal numero P. 19 al numero P. 24 furono a Famagosta fra le famose artiglierie che difesero quella piazza nell’anno 1571. Donati dal Sultano a S. A. R. il Duca d’Aosta, furono riportati in Italia con la nave Europa nell’anno 1870. di artefici valentissimi che seppero accoppiare spesso all’abilità del fonditore doti non comuni di veri artisti e di eruditi. Il Cicogna nel volume V delle Iscrizioni veneziane cita una lettera autografa di Giusto Emilio Alberghetti che dà ragguaglio al Serm(> Principe sull’istmo del Peloponneso, datata da Venezia Io marzo 1692; un manoscritto riguardante le fortificazioni da fare all’istmo di Morea, ed una rela zione circa i disegni di fortificazioni, fatta da S. E. il Palatino di Kiovia, uo?no assai dotto nell'argomento. Fu questo Giusto Emilio uomo di sperimentata fede, e di molto valore nelle cose di terra e di mare. Un Sigismondo Alberghetti si distinse per la magnificenza delle sue opere, e spesso i suoi lavori ebbero scopo più artistico che guerresco; così nel 1487 fuse due bellissime colubrine foggiate stranamente a mo’ di colonne. Tra i suoi discendenti, i due fratelli Sigismondo e Giovanni Battista, vissuti nel XVII secolo, mostrarono grande perizia per bene intesi profili nelle artiglierie e grandissimo buon gusto negli ornati. Un altro Sigismondo verso il 1684 dimorò in Inghilterra, inviatovi per incarico della Repubblica, e studiò i vari sistemi di fabbricazione delle artiglierie ivi in uso. Rilevò che per togliere le imperfezioni del getto si torniva l’anima del cannone, e che i proiettili si riducevano alla forma sferica con lungo e penoso lavoro sul tornio. Concepì perciò fin d’allora il progetto per raggiungere gli stessi scopi con mezzi più semplici e più brevi. Infatti, ritornato iu patria, scrisse « Nova artillería Veneta ictibus prepollens usu facillima et projectionibus theoriae tabularum universalium ejusdem respondens », libro pubblicato nel 1703, dopo la sua morte. Nè qui si fermò l’opera sua, poiché riprese a fondere in ferro cannoni ed altre bocche da fuoco, sistema caduto da tempo in disuso a Venezia. Questo Sigismondo può considerarsi come il vero riformatore dell’artiglieria veneta, merito non comune, specialmente in quei tempi: nè mancò la Repubblica di far tesoro dei suoi suggerimenti t delle sue innovazioni, tanto che il Senato nel 1719 ordinò di fondere, in via di esperimento, un cannone in ferro del calibro veneziano da 12. E qui opportuno notare quanto la Repubblica apprezzasse i valenti artefici suoi, nè si lasciasse sfuggire alcuna occasione di menarne vanto, mostrando la loro capacità ai Principi stranieri che di frequente la onoravano delle loro visite. Così nel 1708 Giovanni Battista Alberghetti, associato a Giovanni dei Mazzaruoli, fuse alla presenza di Federico IV di Danimarca e Norvegia un trabucco da 500, una grossissima colubrina ed un cannone « belli per gustose proporzioni, ricchissimi per ben distribuiti e ben associati ornamenti » ( Venezia e le sue lagune). Il Cicognara (Storia della Scultura) dice che uno dei due magnifici pozzi pubblici tanto ammirati nel cortile del Palazzo Ducale è opera di un Alfonso Alberghetti, poiché in due luòghi nel-1* interno del pozzo leggesi : « Albergetti 1559 ». E narra ancora di aver visti presso il conte Giovanni Costabili in Ferrara due vasi elegantissimi di bronzo, ornati di figurine, mascherette, bestiami, sfingi, arabeschi, d’uno stile leggerissimo, e sull’orlo di essi leggesi: « Alfonsi Albergeto Ferrarense me fecit anno Domini 1572 ». Occorre osservare che in un albero genealogico della famiglia Alberghetti, pubblicato dal Cicogna nelle Iscrizioni venezianef voi. V, manca assolutamente il nome di Alfonso, E perciò da ri- 16