156 CAPITOLO XVIII — Busto in gesso di Lazzaro Mocenigo (i) dono del cav. A. Borro. — Busto in marmo di Enrico Dandolo su basamento pure in marmo. Pregevole lavoro eseguito dallo scultore veneziano Dal Zotto e donato dal conte Angelo Papadopoli. — Busto in marmo di Marc’Antonio Bragadin (2) su basamento di marmo. Lavoro eseguito dallo scultore Minisini. Sulla base è scritto: ALL’EROE 1)1 FAMAGOSTA MARCANTONIO BRAGADINO I NEPOTI ZILIO ED ALVISE 1871 — Busto in marmo di Napoleone I eseguito da Pietro Cardella nell’anno 1805. Bassorilievo in bronzo che decorava il monumento di Angelo Emo nella già demolita chiesa dei Servi. Si divide in quattro quadri. Nel primo è rappresentato un vascello in navigazione, nel secondo la nave, colta dalla burrasca, ha le vele strappate e nel terzo è incagliata e disalberata. Nell’ultimo quadro le batterie galleggianti bombardano la Goletta. (1) Questo busto e gli altri che seguono sono disposti nella sala del primo piano unitamente alle artiglierie allo scopo di alleggerire il peso sulle travature della Sala d’armi. Non posso fare a meno di aggiungere qui un breve cenno sul Mocenigo. Già nel 1651 prese parte al combattimento di Nicia (10 luglio) e fu gravemente ferito di moschetto e di freccia. Il 21 giugno 1655, essendo capitano delle navi, ruppe e fugò la flotta turca del capitan Bassà. Fu inviato nunzio a Venezia della vittoria del 26 giugno 1656 e vi giunse trascinando per l’acqua i vessilli turchi. Per aver perduto un occhio nel combattimento, aveva la testa tutta fasciata, e fu detto allora in Senato che risplendea per gloriosissimi fatti. A soli 32 anni ebbe il Cavalierato di San Marco ed il comando della flotta, vinse i Turchi a Scio e fu nel 1657 nominato Procuratore di San Marco. Il 16 luglio ingaggiò ai Dardanelli la famosa battaglia, una delle più accanite che siasi mai combattuta. Al terzo giorno di combattimento, quando già gli arrideva la vittoria, la sua nave saltò in aria ed egli, colpito al capo da un’antenna, mori. Fu sepolto nella chiesa della Carità. Pensava il Mocenigo che tutto al coraggio dovesse cedere, e ciò che sembrò temerità, era per i Veneti virtù necessaria, poiché misurando il nemico dal numero, nè incontrarlo, nè batterlo si potea se non bilanciando col coraggio la forza. (Litta, Famiglie celebri italiane). (2) Marc’Antonio Bragadin fu l’ultimo difensore di Famagosta. Capitolò il i° agosto 1571. Per vile vendetta di Mustafà, violatore dei patti della resa, fu scorticato vivo sulla pietra della berlina nella stessa piazza della città di Famagosta, e la pelle, impagliata, venne portata in giro attaccata all’antenna di una galea, infame trofeo di più infame vittoria. Già nelle Sale delle Armi del Consiglio di X fu posto il 26 settembre 1595 un busto in bronzo del Bragadin con la seguente inscrizione: MARCUS ANTONIUS BRAGADENUS SAI.AMINAE CIPRUS PREFECTUS IN DIUTURNA OBSIDIONE SURST1NENDA S1NGULARI FORTITUDINE CLARUS SUMMAQUE PIETATE, ATQUE CONSTANTIA PRO CHRISTI FIDE ET PRO PATRIA V1VENS, GLORIOSISSIME CUTE EXUTUS XVII AUGUSTI MDLXXl.