28 nezia. Le stesse linee ornamentali vi si riscontrano, la stessa perfezione di dettaglio e d’insieme, che caratterizzano tutte le opere della stessa scuola eseguite a Ragusa. Quest’arte ch’è nostra originale arte dalmatica, passò dunque in Italia per mezzo di Giorgio e soprattutto dei suoi discepoli e lasciò vasta impronta non solo in Ancona, ma nella stessa Venezia. E la cosa avvenne tanto più facilmente in quan -to fra i discepoli ce ne furono dei genialissimi, quali i due Laurana, Luciano (1420-1479) e Francesco (ricordato dal 1458-1502) di Zara e lo scultore Giovanni Dalmata di Traù. Essi hanno lasciato poca orma in Dalmazia, perchè trasferitisi giovanissimi nella penisola, vi hanno trovato agone più vasto e clima certamente più adatto alla piena espansione del loro genio. Forse, vi giunsero, in Ancona, in compagnia di Giorgio stesso, e collaborarono con lui alla creazione di quelle tante opere, dovute al suo ingegno, che formano il vanto artistico di quella città; donde essi saranno partiti alla conquista della gloria, in quel mondo di grazia e di genio, che era 1’ Italia del Rinascimento, tutta pervasa da un’ ansia di perfezione e di armonia. Sotto tali auspici, gli artisti nostri, con fantasia memore delle grandi sa- Chiksa di San Urisogono