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ce la rende anche più interessante, 1’ opera del Lucio, ha un suo immenso valore intrinseco ; perchè egli può considerarsi come uno dei fondatori del metodo storico e della ricerca scientifica, che riconosce come veri soltanto i fatti che si basano sui documenti vagliati dalla critica.
      Il Lucio ebbe discepoli e amici, che seguirono le sue orme e si prefissero gli stessi scopi patriottici verso Venezia. Fra questi, nominiamo Girolamo Micheli da Postire della Brazza, particolarmente caro al maestro, il quale sotto lo pseudonimo di Sertonaco Anti-cano, pubblicò i « Frammenti istorici delle guerre di Dalmazia » (1649), animati da una profonda devozione a Venezia, che vi viene esaltata nella sua opera militare e civilizzatrice. Lo stesso motivo ispira « la Guerra di Dalmazia fra Veneziani e Turchi, dall’anno 1645 sino alla pace e separazione dei confini », ancora inedita, di Francesco di Nicolò Difnico (1607-1672), altro fedele amico del Lucio.
      E intorno a questi, innumerevoli nomi di storici e di analisti minori si potrebbero citare, chè la storiografia in Dalmazia fu coltivata sempre con grande fervore, segno della devozione profonda dei Dalmati per la loro terra e del desiderio costante di riallacciarne il presente, più o meno sempre precario, nelle sue tormentate vicende, ad un più glorioso passato. Pullularono, dunque, nel XVII secolo, le memorie, le cronache, gli annali, i frammenti di storia patria, tutti in genere stillanti amore per la Serenissima.
      Nè mancarono gli storici che si volsero a narrare le vicende di Stati lontani, come Gian Francesco Biondi da Lesina (1574-1645), che visse, quale ambasciatore del Duca di Savoia, a Londra, e scrisse le « Historie delle guerre civili in Inghilterra », che restano ancora oggi un’ opera proficua di consultazione.
      Di nessuna opera storica d’importanza si fregia il secolo XVIII. Fra gli storici, raccoglitori di notizie e cronacisti, vanno ricordati tuttavia, l’umanista Giunio Resti, che afferma nelle sue « Croniche di Ragusa » la latinità della sua regione ; Serafino Cerva, le cui opere in latino costituiscono tutt’ oggi una fonte importante per chi voglia studiare la storia ragusea ; e finalmente, Anseimo Banduri (1671-1743), che visse a lungo a Firenze, protetto dai Medici, e si acquistò molta fama con un’ opera sugli scrittori bizantini, in cui egli trovò modo di manifestare la sua italianità.
     Nel XIX secolo, la storia ebbe, invece, maggiore sviluppo e sempre in lingua italiana. Solo dal 1860 in poi, alcuni scrittori, col sorgere delle rivendicazioni nazionali croate, impresero a scriverne anche in lingua slava. E da quel
Giovanni Lucio