21 chi non fosse stato in grado di pagare dodici iperperi, avrebbe dovuto sottostare all’ amputazione del braccio destro ; a Cattaro il non pagamento di cinquanta iperperi, somma oltre quattro volte maggiore, esponeva alla perdita del solo pollice della mano destra. Se, in generale, nessuno poteva abusare di una schiava, in particolare, neppure al padrone era lecito di farlo. Secondo lo Statuto di Sebenico (L. VI, c. 65), la pena stabilita in un tale caso era quella della perdita della schiava, che sciolta dal vincolo di servire a vita, ridiveniva libera. Ecco il testo del relativo capitolo : Si quis fortiaverit aliquam suam servam vel ancillam deditam servituti et eam car-naliter cognoverit, vel etiam sua propria volúntate, ex tunc dieta serva sit libera et absoluta ab omni vinculo servitutis. Et si talis serva erit plurium fratruum vel sororum et unus eorum eandem servam quocumque modo cognoverit carnaliter, illa serva sit ab omnibus absoluta, seu ab omni vinculo servitutis. Se alcuno avrà violentata una sua schiava e l’avrà posseduta, anche se essa consenziente, da quel momento detta schiava sia libera, sciolta da qualsiasi vincolo di schiavitù. E se tale schiava apparterrà a più fratelli o sorelle, di cui uno l’avrà posseduta, essa sia libera da ogni vincolo di schiavitù nei confronti di tutti. La fine del capitolo ci fa conoscere che uno schiavo poteva formare anche oggetto di comproprietà, il che è da intendersi che il lavoro da lui prestato poteva andare a vantaggio di più persone, che certamente provvedevano in comune. al suo sostentamento; la comproprietà doveva trovare la sua ragione d’essere nella comunione dei beni derivante da successione ereditaria. Come si può adunque constatare dalle disposizioni che precedono, le schiave erano efficacemente protette contro i capricci e gli arbitri, tanto dei terzi, quanto degli stessi padroni ; le leggi cittadine le tutelavano al pari delle donne libere. * * * La regola che i nati da schiavi appartenessero alla schiavitù doveva trovare ben poca applicazione nelle città dalmate, sia perchè dall’ insieme si ritrae 1 impressione che l’impiego degli schiavi nelle singole famiglie fosse molto limitato, sia perchè gli schiavi stessi usufruivano largamente della manomissione. Tutto ci induce a ritenere che fossero considerati schiavi per nascita soltanto i figli illegittimi di schiave, i quali, tuttavia, molto facilmente potevano essere sottratti alla sorte della madre. È vero che nello Statuto di Ragusa (L. VI, c. 53) si trova : ... omnes heredes qui ex ea (ancilla) na- ... tutti i nati da essa (la schiava) dovranno scentur, erunt patroni, vel patrone, ipsius appartenere al padrone, o alla padrona, ancille, della stessa schiava, però quello di Cattaro (c. 217), senza ledere gli interessi economici dei padroni,