14 quale si affermarono i più forti ingegni che hanno lasciato talvolta orma profonda di sè nella cultura d' Europa. Fra i più antichi monumenti in lingua italiana, che ci siano pervenuti, è un’ epistola di Pietro Hettoreo, nato nel 1487 a Lesina, in cui egli imita con un garbo suo proprio la prosa artististica di Giovanni Boccaccio. Durante il Cinquecento, in tutte le città della costa, si poetava in lingua italiana ; a Spalato salì in fama Girolamo Papali, nato nel 1460 a Zara, Giambattista Dietrico, di cui il Bembo, scrivendo ad un suo fratello, diceva : « non avrei mai creduto che da quella parte potessero giungere cose sì rare e di sì squisita fattura»; nè vanno dimenticate le RimeVolgari, pubblicate a Venezia, da Lodovico Pasquali cattarino, per cui egli si meritò larga fama di poeta, imitando la maniera del Sannazzaro. Citiamo ancora, fra gli altri, Giovanni Petreo da Curzola, e Mariano Bolizza da Cattaro, ambedue rinomati rimatori italiani. Ma fu Ragusa, la piccola, colta e industre Repubblica, così raffinata nella vita e nelle arti, che, caso unico al mondo, con tre lingue diffuse la sua cultura, l’ambiente più adatto alla nuova poesia. Sono molti i ragusei che poetarono in italiano e con spirito nettamente italiano : Domenico Ragnina (1536-1607), visse lungamente a Firenze, ebbe dimestichezza coi Medici ed ebbe accesso, in qualità di poeta, alla loro Corte ; Savino Bobali ("j" 1585) venne in rinomanza per le sue Rime, e fu in rapporti epistolari col Caro e col Varchi. Di lui disse il Cerva, « che era al suo tempo un poeta toscano, molto celebre, sebbene non avesse mai visto l’Italia ». E, infatti, il suo petrarchismo pedissequo è sollevato talvolta da un impeto fresco di originale ispirazione. Egli ebbe pure uno scambio intenso di rime con altri poeti ragusei e, dentro a questi suoi componimenti, passa, come in un caleidoscopio, la Ragusa contemporanea, con quel suo spirito fervidamente italico, quale traspare dai canti dei suoi poeti ; per cui egli si meritò davvero l’epigrafe, che fregia il frontispizio delle sue Rime amorose, pastorali e satiriche pubblicate a Venezia, dal suo amico Aldo Manuzio, nel 1589 : « Ecco chi mostra in ben purgato stile, Che le Muse d’ Etruria han chiaro albergo Ne l’Epidauro ancora....» Nè meno interessante è, da questo stesso punto di vista, Michele Monaldi (1550-1590). Contemporaneo del Bobali, ma assai meno originale di lui, è tutto intriso della rettorica petrarchesca del tempo, nelle sue Rime (1590), dedicate alla poetessa ragusea Flora Zuzzeri, fra dediche, componimenti d’occasione e corrispondenze poetiche, egli ci apre un largo spiraglio su quella società ragusea, nella quale la Rinascenza italiana si specchiò con sì tersa espressione, come in niun altro luogo; e fu lui che fondò, assieme al Bobali, a Ragusa 1’«Accademia dei Concordi», che si proponeva di coltivare le muse italiche, alle quali essi dedicarono t^nta perizia ed amore. Ricordiamo ancora Annibaie Lucio da Lesina, arcade al modo del Sannazzaro, amante delle ninfe e dei fauni, ma pieno, nei suoi sonetti italiani, pub-