62 dissidente non furono che « voci » elevatesi a scuotere il torpore della maggioranza ». Partendo da questa premessa la Arcari analizza minutamente, corredandola con copiose citazioni autentiche, la tesi nazionalista, che ha agitato i cuori ed educato le menti anche dei Dalmati, vissuti a cavallo dei secoli XIX e XX. II contributo dei Dalmati al pensiero dottrinario non è stato notevole. Sfogliando nel II voi. il capitolo in cui si parla della « soluzione irredentista » troviamo citate le « Lettere politiche di un dalmata » di Luca Poduje-Oigovich. Più viva è stata invece la partecipazione dei dalmati all’ azione. La Arcari ricorda i nomi di Cippico, di R. Forster, che fu uno dei collaboratori principali della Rivista « Politica », fondata a Roma nel 1918, e di Ofelia Borowska, instancabile nel tener desta la memoria di Arturo Colautti, la cui figura appare in tutti i congressi nazionalisti (di Firenze nel 1910, di Bologna nel 1912, di Milano nel 1914). Arturo Colautti, collaboratore principale, assieme ad Alessandro Dudan, della rivista « L’Italia all’ estero », fondata a Roma nel 1907 e della « Grande Italia », fondata a Milano nel 1909, fu « il rappresentante insigne di quella fede irredentista che egli difendeva, nella stampa periodica e quotidiana, con una prosa tagliente, e sul campo con un amore letterario e romantico per il duello politico ». L'Italia e i Balcani, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1940. (pag. 90). La Federazione dei fasci di combattimento dell’ urbe ha raccolto come ? Atti dei corsi di preparazione politica » del 1939 e pubblicato nel maggio 1940 una raccolta di 9 articoli, e precisamente 6 di intonazione particolare sulla Jugoslavia, Albania, Grecia, Bulgaria, Turchia, Romania, e 3 di carattere generale su « La politica balcanica dell’ Italia », « L’ economia italiana nei Balcani» e « Le relazioni culturali italo-balcaniche », scritti da vari giovani, frequentatori del Corso. Data la frammentarietà degli argomenti e degli scrittori, il lettore che non sia digiuno di argomenti balcanici non troverà grandi cose colle quali arricchire le sue cognizioni. Bisogna però considerare che si tratta di giovani che tendono ad istruirsi, non di specialisti già sperimentati. Tuttavia si deve dire che il complesso dei lavori è riuscito armonico ed intonato all’attuale politica dell’Italia, anche se alcuni fatti sono stati sorpassati e sconvolti dal precipitare degli avvenimenti. Uno degli articoli migliori è quello sulla Bulgaria di Alberto Varanese. Nell’articolo sulle relazioni culturali italo-balcaniche Renzo Maria Vitali mette in rilievo particolare la funzione mediatrice della Dalmazia e di Ragusa. Prof. ALEXANDRU MARCU : Il rinascimento romeno e /’ Italia in cerca della latinità dei romeni. Bucarest, 1940. L’ A. ordinario di letteratura italiana nella R. Università di Bucarest e Decano della facoltà di lettere, è stato insignito col Grande Premio San Remo Autore Straniero 1940, per la sua attività in favore della cultura italiana in Romania. Una delle ultime manifestazioni di questa sua attività è stato appunto l’opuscolo sopra citato, edito dalla Biblioteca Informativa « Amicizia italo-romena ». A noi, Dalmati, interessa rilevare in questo volumetto fra gli scrittori d’Italia che nei secoli passati avevano rivolto la loro attenzione alla latinità dei Romeni, alcuni che provenivano dalla Dalmazia. Dopo aver ricordato per incidenza l’abate Alberto Fortis, viaggiatore nella Dalmazia (occasione in cui gli par di scoprire, lui per la prima volta, la vetusta latinità dei Morlacchi), l’A. cita l’abate Ruggero Boscovich (1711-1787) di Ragusa, le cui relazioni di viaggio nei Principati costituiscono ancora una fonte di prim’ordine per l’epoca dei « Fanarioti » e il dalmata Giovanni Raicevich, autore di alcune preziose « osservazioni storiche