20 risveglio alla vita eroica, che il nuovo clima, dalla Grande Guerra al Fascismo, alle Campagne imperiali, ha suscitato in Dalmazia, con echi anche più profondi che altrove. Non va dimenticata finalmente neppure la poesia vernacola, che ha avuto degli eminenti cultori, che seppero trarre accenti di commozione e soavità di ritmo dal nostro dialetto già cosi musicale ; nominiamo fra questi Natale Pia-sevoli, Giuseppe de Bersa, Luigi Bauch, Andreina Borelli, e Giuseppe Sabalich soprattutto, storico, novelliere, commediografo, poeta, e autore del Sì, entrato ormai da tempo nel canzoniere patriottico d’ Italia. La Storia Sin dalle origini, la storiografia dalmata può vantare un capolavoro nella « Historia Salonitana » di Tommaso Arcidiacono (1200-1268), la quale è un documento storico d’immensa importanza per la conoscenza della vita municipale delle città dalmate, ma è sopratutto un gioiello di eleganza latina e di alto spirito italico. Essa dimostra quanto profondamente imbevuta di cultura umanistica fosse la parte più eletta del clero dalmata in quel tempo lontano, perchè traspira, fra l’interesse incalzante della narrazione sempre drammatica e viva, di un tale fervore latino, che commuove e trascina. Accanto a questo capolavoro di arte e di scienza storica, vanno menzionate, per il loro valore di fonti soprattutto, le cronache latine di Mica Madio de Barbazani (1289-1359) e di Marino a Cuteis, che giungono rispettivamente sino al 1320 e al 1373, ricche ambedue di preziose notizie ; e finalmente la cronaca anonima dell’« Obsidio Jadrensis » del 1346, che rispecchia, con potenza espressiva, le fiere lotte che Zara sostenne contro Venezia. Dopo queste sue nobilissime origini, la storia fu tenuta sempre in altissimo pregio dai Dalmati, quasi a documentare, con la sua testimonianza fedele, in mezzo ai contrasti e alle convulsioni inevitabili in ogni plaga di confine, la continuità di una tradizione di cui essi andarono in ogni tempo fierissimi ; ma, mentre la poesia si presenta trilingue, la storia mai assunse altra veste che le due lingue d'Italia, anche perchè lo slavo non offriva modi adeguati alla nobiltà del suo assunto. In italiano e in latino scrisse il grande storico Giovanni Lucio da Traù (1604-1679), anticipatore dell’opera di Ludovico Muratori, fatta faticosamente sulle cronache degli archivi. Egli si acquistò rinomanza europea. Incominciò la sua attività con le monografie su Spalato e su Tragurio, ma passò presto alla sintesi, con due opere fondamentali: 1’« Historia di Dalmazia e in particolare di Traù, Spalato e Sebenico », cui aggiunse le « Iscriptiones dalmaticae », e finalmente, col suo capolavoro «De Regno croatiae et Dalmatiae », che rappresenta un monumento elevato alla latinità della Dalmazia e una testimonianza irrefutabile dei diritti di Venezia su questa regione. « Dovendo scrivere le memorie di Traù mia patria, scrive il Lucio, ho voluto valermi della lingua volgare, che non più italiana che dalmatina può dirsi ». Ma, prescindendo da questo sentimento, che