62 in perfetto accordo, furono riattivate quasi tutte le linee per le isole della provincia di Zara e di quella di Spalato. Ma il traffico principale delle merci e dei passeggeri continuò a svolgersi, come nei giorni dell’avanzata delle nostre truppe, a mezzo della ferrovia Fiume-Sussak-Ogulin-Graciaz-Tenin-Spalato, reso però sempre più difficile per ragioni tecniche e per le subentrate lotte politiche fra gli Ustasci croati ed i cetnicì serbi. Nel secondo mese del funzionamento del Commissariato civile, nel giugno, ebbe inizio in Dalmazia la stagione della pesca del pesce migratorio (le sardine). 1 pescatori, specie quelli delle isole di Lissa e di Curzola, dove esistono fabbriche per la lavorazione e la conservazione del pesce, chiesero di poter contemperare le esigenze dell’ oscuramento con quelle della loro professione e pregarono di essere forniti d’urgenza di grosse quantità di sale, indispensabile per la salagione del pesce. E sebbene il sale avesse dovuto essere preso dalle saline dell’ isola di Pago che, in forza al recentissimo trattato collo Stato Indipendente Croato, era stata staccata dalla Dalmazia e ceduta alla Croazia, colla pazienza e colla buona volontà anche questi problemi vennero risolti e superati. Ma subito se ne aperse un altro, quello della mancanza di zolfo e di solfato di rame per la irorazione dei vigneti contro il malanno della filossera. Per fortuna questi articoli venivano dall’ Italia e la loro fornitura era stata solamente ritaidata dalle complicazioni belliche. Intanto Spalato andava trasformandosi di giorno in giorno. Quando le nostre truppe d’occupazione giunsero a Spalato alla metà d’aprile ed anche quando il Commissario Bartolucci assunse i poteri civili, il numero degli italiani era esiguo. Gli italianizzanti non osavano fiatare. Giova cioè ricordare che il nostro Governo, per ragioni di previdenza politica, aveva fatto evacuare ai primi di aprile la maggior parte dei cittadini italiani dalmati e li aveva ricoverati sull’altra sponda adria-tica, nelle Marche. Ritornarono ai primi di maggio, alcune migliaia, con un grande piroscafo, stracarico di gente di ogni ceto e di ogni età, tutti deliranti di commozione e di entusiasmo. Fu anche questo un momento quanto mai emozionante. Attesi dai rappresentanti di tutte le autorità, cioè dal Commissario civile Bartolucci, dal comandante il Corpo d’armata d’occupazione, generale Dalmazzo, dall’ ispettore del P. N. F. Suppiei (veneziano), dal Senatore Tacconi ecc. i profughi scesero a terra fra un subisso di acclamazioni e si formarono in corteo, colla banda militare in testa, che percorse la riva, sfilando sotto le mura del palazzo di Diocleziano, fino alla fontana monumentale e simbolica, eretta una settantina d’anni fa, dal mirabile podestà, Antonio Bajamonti. Da questo momento Spalato si rianimò e cambiò aspetto, come succede delle persone che, entrando in convalescenza, dopo una grave malattia, riprendono le forze e la cera.