52 vocavano mordaci commenti nei riguardi della Jugoslavia, e più volte si era inneggiato all’ Italia, all’ Esercito e al Duce. Nel pomeriggio, un fatto nuovo attirava l’attenzione di quanti erano alla Riva Vittorio Emanuele III, diventata il posto preferito di osservazione. Ad onta del vento fortissimo di tramontana, che faceva ribollire il mare di schiuma, non pochi indugiavano, in attesa di avvenimenti. Dalla Fossa si era vista uscire una barca e dirigersi, a forza di remi, e con un drappo bianco alzato a prua, in direzione di Oltre. A bordo si distinguevano degli uomini in divisa nera, che sembravano nostri marinai, e lo erano. Una commissione di parlamentari andava ad Oltre a chiedere la resa di quel presidio, prima che nostre azioni di guerra fossero inevitabili. Ma il presidio, tanto per fare un bel gesto, rifiutava. Non restava altro che agire, anche perchè il nostro Comando era venuto a conoscenza che tre colonne nemiche, in tutto 18.000 uomini circa, con carri armati, avrebbero iniziato la marcia su Zara. Occorreva agire immediatamente e sventare il piano nemico. E qui si rivelava, in tutta la sua genialità, lo spirito d' audacia e d’ iniziativa del Generale Giglioli. Uomo d’armi e dal grande cuore d’italiano, di francescana modestia, temprato alla scuola ed alle dure fatiche di quattro guerre, prendeva senz’ altro la risoluzione di affrontare il nemico. Non « squillarono le trombe a parlamento », ma il Generale, da buon soldato, conscio della grave responsabilità che si assumeva, con rapidità e precisione impartiva le direttive e gli ordini per 1’ avanzata, dando le opportune istruzioni ai suoi ufficiali, col-laboratori efficacissimi, recandosi Egli stesso in mezzo ai soldati, che a Lui guardavano con fierezza ed assoluta fiducia. E se tali sentimenti erano tra soldati e Comandante, eguali erano i sentimenti del popolo di Zara per il suo Generale, che in Lui già vedeva il salvatore ed il liberatore della città. Tutta la riconoscenza e tutta la gratitudine, quindi, all’ indimenticabile soldato e patriota, che nelle memorabili e difficili giornate dell’assedio metteva tutta la sua alta competenza, tutto il suo generosissimo cuore d'italiano per la salvezza di Zara. Il suo ricordo resta e resterà sempre in noi, nè l’onda del tempo riuscirà mai a cancellare dalla nostra memoria quanto Egli ha fatto in quei duri giorni, pur di raggiungere la mèta che si era prefissa : salvare Zara a tutti i costi. La stessa sera di venerdì, in città si aveva sentore che qualcosa di grosso era nell’ aria. Lungo tutta la periferia venivano rinforzati i presidi, piazzate mitragliatrici ; perfino il faro del molo Italo Balbo mostrava sei canne di mitragliatrici, due laterali e due frontali. Dalle case venivano fatti rientrare nei ricoveri quanti li avevano lasciati, mentre squadre dell’ UNPA prendevano nota del numero dei presenti in ogni rifugio, di quanti uomini, di quante donne, di quanti bambini. Avevamo così la sensazione, e quasi subito la esatta notizia, che avvenimenti decisivi e definitivi erano in vista. Il mattino seguente, il nostro fronte a terra doveva iniziare l'avanzata. Era necessario spezzare il cerchio che soffocava la città, occorreva togliere al nemico qualsiasi iniziativa. Quella notte, nessuno dormiva.