45 COMUNE DI ZARA Cittadini ! L’ ora della nostra riscossa, da tanto tempo attesa, sta per scoccare. Agli ordini del Re Imperatore, sotto la guida del Duce, combatteremo e vinceremo. Zara sarà all’altezza del suo grande passato. Dal Palazzo di Città, il 6 aprile 1941-XIX Il Podestà SALGHETTI Il giorno seguente, 7, il bollettino N. 304, primo dell’ inizio delle nostre ostilità contro la Jugoslavia, aveva entusiasmato tutti. La grande ora, dunque, passava sul quadrante della Storia ; era venuta l’ora della riscossa attesa per vent’ annt ; era giunto il momento di rompere il cerchio di ferro che soffocava la città, era venuta 1’ ora della liberazione anche per i fratelli dalmati. La città aveva assunto la sua veste guerriera ; per le calli e per le piazze, pochi e frettolosi passanti; tutti i negozi chiusi, con le vetrate protette da saracinesche o da grosse tavole. Alcuni, con i vetri a striscie di carta a figure allegoriche, con gli emblemi del fascio e della croce uncinata, un altro con la scritta « Duce, vinceremo ! ». In contrapposto allo stato di guerra, la gioconda spensieratezza dei bambini rimasti; li abbiamo veduti in campielli e calli, giocare a girotondo, inconsci della gravità della situazione. Per ogni calle, per ogni piazza, marinai, soldati e militi in pieno assetto di guerra; porta ordini in bicicletta, in motocicletta apparivano e sparivano. L’osservanza delle norme sulla circolazione interna della oittà non era più possibile. Dalle ore 20, ora fissata per il coprifuoco, e fino alle 7 del mattino, nessuno poteva circolare se non munito di speciale permesso. Al mercato, in Piazza dell’ Erbe, poche bancarelle con pochi erbivendoli del nostro territorio; chiuse quasi tutte le macellerie, chiusa la pescheria. Mai, come in quei giorni, vi fu la dimostrazione più chiara della mostruosità della situazione creata a Zara dal trattato di Rapallo. Gli abitanti delle frazioni di Vainera, Boccagnazzo, Puntamica, Le Piastre, erano stati fatti sgombrare dalle loro case per la immediata vicinanza della zona di operazioni e trasportati in città, in alcune scuole, già chiuse dagli ultimi giorni di marzo. Poveri villici disorientati, costretti a lasciare la loro rustica casetta, ad abbandonare la terra ed il bestiame, senza saper cosa fare nè dove andare tutto il giorno. Offrivano in vendita le povere e poche cose che avevano potuto portare con sè, delle uova, del pollame, per disfarsene. Parte di essi avevano però lasciato la città, con gli altri esuli. Le giornate del 6 e del 7 trascorrevano tranquille. La città quasi deserta ; i rimasti, avidi di notizie, senza posta, senza giornali. Unica voce del mondo, la radio. Le rive squallide, senza il più modesto mezzo di trasporto ; solo e vuoto, il