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terno, tanto da dover essere del tutto demolito. Per il crollo di muri di altre case, dei negozi, con facciata in calle Larga, sconvolti e ridotti irriconoscibili.
      Contemporaneamente veniva colpito, unico obbiettivo militare, un deposito di munizioni al Boschetto dei Pini. Una bomba incendiaria propagava il fuoco alle casse delle munizioni, che cominciavano ad esplodere con fracasso assordante. Anche il vicino Ospedale per cronici, di S. Matteo, alla Ceraria, diventava bersaglio della furia devastatrice nemica ; nell’ interno, veniva rinvenute due bombe inesplose, ma la pressione d’aria e le scheggie di altre recavano gravi danni all’edificio, sgombrato dai ricoverati alcuni giorni prima. Nei pressi di Puntamica, i bombardieri prendevano di mira un pontone armato della R. Marina, ma anche qui fallivano il bersaglio e le bombe cadevano in aperta campagna e in mare.
     Nel Viale della Crociata, una bomba esplodeva al centro, danneggiando gli impianti della Radio della R. Marina — altre stazioni rimanevano però in efficienza — e distruggendo 1’ entrata e le adiacenze della Manifattura Tabacchi Orientali. Uno dei grossi alberi del viale, schiantato sino alla base, altri scortecciati, con i rami divelti, stroncati, ergevano al cielo i moncherini, come una maledizione. Altre bombe, sganciate con intendimento di colpire la sede della Banca d’Italia, esplodevano in mare, sollevando altissime ondate.
     La popolazione, rifugiata nei ricoveri, non si rendeva esatto conto di quanto fuori stava accadendo. L'incendio del deposito di munizioni aveva fatto supporre che si trattasse di un attacco dalla parte del fronte a terra. In mezzo allo scoppio delle bombe e delle granate si distingueva, nei brevissimi intervalli, il martellar delle mitragliatrici pesanti e leggere, appostate un po’ dappertutto.
      La rabbia nemica si sfogava in tutta la sua sadica violenza ; tutte le case rintronavano per le esplosioni, nessun serramento resisteva, l’aria squarciata dal-1’ urlo delle granate e dal fragore delle bombe ; sembrava che un terremoto od un ciclone di inaudita violenza si abbattesse sulla città desolata, squassandola tutta. Nel nembo di ferro e di fuoco che l’avvolgeva, Zara pagava col suo sangue, con le sue vittime, con la distruzione delle sue case la sua indomabile fierezza. E Zara ne è andata giustamente superba, e di quella giornata di sangue e di rovine se ne è fatto il suo serto di spine e di gloria.
      Intorno alle ore 14, altro attacco aereo, altre bombe, altri danni. Anche un pacifico gregge vagante, ne diventava la vittima. Un centinaio fra agnelli, pecore, mucche e buoi, cavalli ed asini, abbandonati dai contadini, s’erano dati convegno in un campo di trifoglio, ottimo pascolo. Una bomba, lasciata cadere nel mezzo del gregge, ne faceva letteralmente strage. 11 giorno dopo, squadre dell’ UNPA e dei Vigili del fuoco faticavano non poco per sotterrare quei miseri avanzi. Ma questa volta, due dei tre apparecchi venivano seriamente danneggiati dal fuoco dell’ artiglieria contraerea, tanto che uno rientrava alla base con molto ritardo e con un ferito a bordo.
Appena verso le ore 20 andavano cessando le esplosioni ; il deposito di munizioni si stava esaurendo. Nella notte, qualche granata tardiva, forse rin-