64 dio improvviso, e si sbandò. Ma subito, accortosi dell’ errore, ritornò ai suoi posti, tra le beffe dei meno impressionabili. Per gli Italiani, la rivelazione è stata data dal felice connubio fra il tricolore italiano e la bandiera dalmata. In questa circostanza l’addobbo della città è stato fatto, per la prima volta, con bandiere tricolori e dalmate, di dimensioni non eccessive, sventolanti l’una accanto all’altra dalle finestre, dai balconi, o sui festoni tesi attraverso le vie. Mai Spalato era apparsa così giuliva, tanto variopinta. La Marina coi suoi filari di palme magniìiche, la Piazza Bajamonti, la Piazza Littoria, sembravano un giardino fiorito, con abbondanza di giaggioli. Lo sfondo azzurro della bandiera dalmata, ravvivato dall’oro delle tre teste dei leopardi, acquistava risalto dalla vicinanza dei tre colori più vivi del tricolore italiano. L’ armonia complessiva delle tinte era perfetta, tanto da far pensare che la modesta bandiera dalmata fosse stata ideata e conservata per rifulgere un giorno in tutto il suo vigore, sostenuta dal glorioso tricolore d’Italia. Malgrado che fosse pacifica l’avversione degli Jugoslavi per tutto ciò che sa d’italiano, anzi, contrariamente a certe previsioni pessimistiche, nei sessanta giorni di vita del Commissariato civile, non vi furono manifestazioni di renitenza o di reazione. Ciò è dovuto ad un complesso di cause psicologiche che, se dovessero essere esaminate a fondo, richiederebbero qualche capitolo, ma basterà accennarne sommariamente. Il crollo della Jugoslavia, ritenuta dai più invincibile, era giunto così inaspettato e fulmineo, che la gente si vide da un giorno all’ altro i soldati italiani in casa, con un sentimento simile a quello di chi si desta al-l’indomani di una ubbriacatura colossale : disposto al pentimento, alla rassegnazione, incapace di reagire immediatamente. Poi la nebbia si diradò dalle menti di molti, i quali s’accorsero come la volontà di un pugno di uomini fosse impotente contro il fato della storia d’Italia. Qualcuno pure pensò che, dopo tutto, la guerra non era ancora finita e che quindi sarebbe stato lecito nutrire in fondo al cuore qualche speranzella nella vittoria finale della Grande Bretagna, che aveva profuso tante sterline .... A questo sentimento iniziale di rassegnazione condizionata tenne dietro un altro di egoistico interesse. Gli italiani, e principalmente quelli di Spalato, rimpatriati e divenuti i padroni dopo molti lustri di oppressioni e di angherie, non esercitarono rappresaglie, nè dispetti. Invece, a pochi chilometri dal nuovo, incerto, confine avvennero atti di vendetta selvaggia, da far inorridire. E più di un jugoslavo, avverso all’ Italia per vizio congenito, ringraziò, non già Roma, nè il Duce, ma l’anonima provvidenza per avergli mandato l’occupazione italiana, preferibile a quella degli Ustasci o dei Tedeschi, perchè mantenne l’ordine e protesse l’incolumità delle persone e delle cose. Bastarono, poi, poche settimane per rivelare a tutti che il fante ita-