29 figli non erano obbligati « angariam facere » ossia « a fare opere pubbliche senza compenso ». Tale disposizione dello Statuto di Ragusa era certamente da intendersi nel senso che, per il fatto della loro liberazione, gli ex schiavi non dovevano sottostare ad alcuna prestazione particolare, di carattere sociale, in confronto di quanto si poteva esigere dagli altri. In ambedue gli Statuti si trova l’inciso « reducant illum vel eos in ser-vitutem » che abbiamo tradotto « riprendano lui od essi quali schiavi ». Quale era però il vero significato di questa disposizione ? AH’ ex padrone ed ai suoi figli e nipoti si voleva soltanto accordare 1’ esercizio del diritto di prelazione nei confronti dell’ ex schiavo che avesse voluto rivendersi per l'impossibilità di mantenere sè stesso ed i figli, oppure veniva ad essi ingiunto un dovere ? Quest’ultima sembra sia appunto l’interpretazione da darsi, anche per la ragione che ne veniva attenuata la sua portata con lo stabilire che 1’ ex padrone non era però tenuto a riprenderlo a condizioni più onerose di quelle alle quali l’ex schiavo era disposto a darsi ad altri. b) Il traffico degli schiavi. Ora che abbiamo esaminato le disposizioni statutarie sulla schiavitù nella sua funzione di istituto economico-sociale, vogliamo passare in rassegna le deliberazioni che furono costrette a prendere le città, quando si accorsero che persone poco scrupolose le stavano trasformando in altrettanti mercati della merce uomo. E vero che almeno per Ragusa ci consta che quella città, quale sbocco naturale della Bosnia e della Rassia, fungeva già nell’ alto medio evo da porto di esportazione di schiavi slavi, tanto che il Conte si faceva pagare una tassa su ogni individuo trasportato via mare; (*) allora però non si trattava del traffico di persone, ma soltanto dell’ estrazione di singoli individui destinati a servire chi li acquistava. 11 capitolo in questione era il seguente (L. I, c. 14): De eo quod habet comes de servis et Di ciò che spetta al Conte nella ven- ancillis qui venduntur. - Sciendum est dita di schiavi e di schiave. - Si rende quod omnes Ragusei et foresterii qui noto che tutti i Ragusei o forestieri che comparant sclavum vel sclavam (-) ei comprano uno slavo od una slava (2) e extrahunt eum vel eam de Ragusio per lo, o la, esportano via mare, devono pa- mare, dant d. Corniti prò quoque sciavo gare al Conte per ciascuno slavo, o slava, (1) Di tale diritto era stato anche tenuto conto nel trattato di commercio stipulato fra Ragusa e Cattaro nel 1279. Vedi fine della nota N. 3, pag. 22, fase, precedente. (2) Qui « sclavus » significa proprio « slavo », ma adoperato nel senso di « slavo esportato quale schiavo». Questa è l’unica volta che negli Statuti cittadini i due termini di « sclavus » e di « servus » ricorrono quali sinonimi, ad onta che sempre tutti gli schiavi, sia quelli che si incontrano nelle città dalmate, sia quelli esportati attraverso di esse, fossero di origine slava.