61 dimostra di conoscere a fondo non solo la lingua, ma anche la storia della nazione magiara, legata all’ Italia da molte tradizioni, ultima quella dell’amore e della lotta per le libertà politiche. Infatti PetOfi, alla notizia dei primi moti italiani prequarantotteschi, scrisse una poesia intitolata Italia, nella quale invocò la benedizione di Dio sui soldati della rivoluzione. De Marassovich ci presenta la vita e l’opera di Petófi sotto tutti gli aspetti, umano, poetico, politico, idealistico. Il quadro da lui tracciato riassume, compendia e supera tutti gli altri lavori, già apparsi in italiano sul leggendario poeta ungherese. Ottima e di molto valore la bibliografia. Francesco Vlasic : Stagno, la seconda città della Repubblica di Ragusa. Sanctus Blasius, Ragusa, 1 dicembre 1940. Mi piace segnalare questa breve rievocazione della storia di Stagno, oggi una cittadina dimenticata, perchè Stagnum, nominato nella « Tabula peutingeriana » quale punto strategico importante nell’ epoca romana, fu dopo la caduta di Roma una delle cittadine dalmate che conservarono la diaspora dell’ elemento latino lungo la costa del mare. L’Articolista ricostruisce questa storia con ricerche fatte nell’ archivio della repubblica, dalle quali risulta che Stagno fu occupata e contesa successivamente da tutti i signorotti medievali, croati e bosniaci del suo retroterra, finché il bano di Bosnia, Stefano Kotromanié la donò alla repubblica nel 1333. Ragusa la cinse, secondo 1’ arte militare italiana, di mura e bastioni che, in parte diruti, si vedono ancora. Stagno seguì quindi la sorte di Ragusa: passò nel 1808 sotto i francesi, nel 1814 sotto l’Austria e nel 1918 sotto la Jugoslavia. « Avendo le fortificazioni di Stagno perduto il loro valore militare, nessuno le restaurava. E poiché si riteneva che la malaria provenisse dalla scarsa aerazione della città chiusa, furono purtroppo demolite le mura ad oriente ed a mezzogiorno e sulle loro fondamenta sorsero dei bei viali che offrono ai cittadini una passeggiata amena. Ma alla città e al paese sarebbero stati di maggiore decoro e importanza le antiche fortificazioni, testimoni della potenza e della gloria della spenta repubblica di Ragusa ». Il Maresciallo Marmont e la Poglizza nel 1807. Nell’ appendice dell’ « Obzor » di Zagabria del 18 febbraio a. c. JakSa Ercegovié rievoca in un breve sunto la storia della fine della minuscola repubblica di Poglizza, l’Andorra dalmata. I fatti ivi narrati non sono nuovi. Nuova appare la pubblicazione, nel testo originale francese, di un proclama del generale di brigata, comandante il distretto di Spalato, Guillet, col quale il gen. Marmont, concedendo la amnistia ai Poglizzani, rifugiati sull’ isola della Brazza, mise la pietra tombale sui secolari privilegi di autonomia, goduti da quei paesani per le concessioni della Serenissima. PAOLA MARIA ARCARI : Le elaborazioni della dottrina politica nazionale fra la unità e l'intervento (1870-1914). Casa editrice Marzocco - Firenze, 1934-1939. L’Autrice, professore incaricato nella R. Università di Torino, ha raccolto in tre grossi volumi di 1100 pagine complessive l’evoluzione della coscienza nazionale italiana dopo 1’ unificazione. « Il nazionalismo, quale fu affermato dopo l’unità, era qualche cosa di diverso dal nazionalismo precedente. Tutti saranno disposti ad ammettere che il nazionalismo del D’Annunzio e del Corradini non sia quello di Dante, ma bisogna riconoscere che esso non è nemmeno quello di Garibaldi e del Cavour. C’ è una data molto precisa che è il principio perchè è una fine : il settanta. Esaurito il travaglio dell’ unità sorge il nazionalismo nuovo... E l’avvenire era la terza Italia di cui D’ Annunzio, il Corradini, il nazionalismo ufficiale e il