in poesia, egli lasciò un Canto di redenzione, uscito postumo, nel 1919, dopo la vittoria delle nostre armi, per iniziativa di alcuni amici, che vollero far sentire la sua voce fieramente italiana, in un’ ora di calda passione dalmatica. Nello stesso clima rovente d’irredentismo visse Riccardo Forster (1869-1938), zaratino, rifugiatosi anche lui giovanissimo in Italia ; dove s’impose quale giornalista brillante. La sua rettitudine, la sua larga cultura, l’indipendenza del giudizio e l’aristocratico gusto gli guadagnarono l’amicizia del de Bosis, del D’Annunzio e dello Scarfoglio, che gli apersero la strada alle maggiori pubblicazioni letterarie del tempo : dal « Fanfulla », al » Marzocco », alla « Nuova Antologia ». Ma soprattutto nelle colonne del « Mattino » di Napoli, egli profuse i tesori della sua cultura e del suo vivace e versatile ingegno, cercando d’imporre il suo gusto affinato nella difesa dei suoi ideali artistici, e le sue concezioni in tema di rivendicazioni italiane e dalmatiche. Queste rivendicazioni diventano il dominante motivo dell’ opera inquieta e tormentata di Giuseppe Marussig (1893-1938), da Fort’Opus sul Narenta, e formano il significato fondamentale del suo romanzo Uomini di Confine, pubblicato nella « Nuova Antologia »; il quale, oltre che un’ opera d’ arte, è un documento umano, legato alla crisi politica d’Europa. Crisi che il Marussig sentì, da Dalmata spaesato e profugo, profondamente, e ne espresse il tormento in articoli politici, in novelle e in scritti di critica, improntati sempre ad un senso di vivo sconforto. Scrittore arguto, invece, e traduttore dal tedesco efficacissimo si rivelò Edgardo Maddalena (1867-1929), che insegnò italiano all’Università di Vienna, donde accorse in Italia, abbandonando posizione, casa, famiglia, nell’ imminenza della grande guerra, per gettarsi nella campagna per l’intervento. Egli si era specializzato nello studio del Goldoni e del suo teatro, al quale dedicò l’esistenza intera, raccogliendo tutto un tesoro di notizie, di osservazioni acute, d’intuizioni delicate e geniali, frutto di originali ricerche, raccolte in un infinità di articoli e saggi, apparsi su giornali e riviste di letteratura. Studioso, appassionato della letteratura italiana e forbito scrittore fu lo spalatino Giacomo Marcocchia (1877-1929), patriota anche lui nobilissimo, che ci ha lasciato saggi critici su autori nostri e stranieri, improntati sempre a sicuri criteri di giudizio, che emergono da una chiara filosofica meditazione. Perchè questo letterato, che fu anche uno storico della sua città, fu soprattutto un matematico e un filosofo, ed ogni suo scritto, per una certa peculiare profondità, si risente di tale fortunato eclettismo. Latinista elegante, nutrito di classici succhi, è Amato Filippi, studioso competentissimo della letteratura ragusea, sulla quale egli ci ha dato dei saggi pregevoli, per interpretazione e critica, e traduzioni dei passi più rilevanti degli umanisti di quella Repubblica. Ricordiamo ancora Nino Fattovich, scrittore di avanguardia, che ha pubblicato diversi studi critici, profondamente intonati ai tempi nuovi, pervasi da una comprensione piena delle necessità della letteratura e dell’ arte fascista, come espressione di un nuovo contenuto ideale. Fra i giovanissimi, si sente il