snia e Bulgaria e rinnovava l’assicurazione di riconoscere l’integrità dell’impero Ottomano come necessario alla sua esistenza. Malgrado queste assicurazioni gli armamenti continuarono finché, divenuta meno minacciosa l’attitudine dell’Austria e facendosi sempre più vivi gli eccitamenti della Russia (desiderosa d’intervenire per salvare il Montenegro ridotto a mal partito nella sua guerra contro la Turchia) il principe Milano si vide a malincuore costretto a disconoscere la nota 7 giugno con una successiva in data 28 giugno 1876, in cui dichiarava alla Porta che la Serbia cessava di pagare l’annuo tributo e chiedeva inoltre che gli venissero cedute la Bosnia e l’Erzegovina. Tali pretese costituivano, come facilmente si può arguire, motivo di guerra ed indicavano chiaramente che la Serbia avrebbe seguita la politica della Russia nelle prossime complicazioni: la Porta infatti respinse la nota del governo serbo e la guerra fu dichiarata. Il generale russo Tchernajeff venne a prendere il comando dell’esercito serbo ed a capo di esso prese arditamente la offensiva; ma le rosee speranze concepite fin dal principio delle operazioni di guerra svanirono ben presto. Le rivoluzioni già scoppiate in Bosnia e Bulgaria quasi si assopirono invece di aumentare: le popolazioni cristiane soggette all’impero turco non si mossero: tali circostanze permisero alle truppe turche di concentrarsi rapidamente in numero superiore a quelle dei serbi, assalirli con vigore e