— 80 — che si presero le parti migliori del bottino fatto a spese della Turchia. Si volle chiamare tale trattato definitivo per regolare la questione d’Oriente, ma esso durerà come tutti gli altri trattati, finché cioè una potenza militarmente e politicamente forte provocherà una nuova guerra, dopo la quale vi sarà un nuovo congresso per regolare la pace e si farà un nuovo trattato che si chiamerà di nuovo definitivo : così sarà sempre finché il diritto pubblico europeo continuerà a fondarsi sulla ragione del più forte e non sulle nazionalità. Dal congresso di Berlino l’Italia uscì colle mani vuote e con una certa fama d’ingenuità politica, di cui non evvi punto a rallegrarsi: essa dopo aver fatto conoscere ai quattro venti che in quel congresso si sarebbe dimostrata disinteressata e sostenitrice del principio di nazionalità, finì per stupirsi che le altre grandi potenze, dopo aver detto altrettanto, si fossero poi accordate per dividersi fra loro le spoglie migliori dell’impero turco. I nostri diplomatici si consolarono a vicenda magnificando le «lodi ricevute dagli stranieri per la politica di sentimento, generosa e leale, di cui diedero prova nel congresso: ma della loro ingenuità rise il mondo e ne patì il paese. I sentimenti generosi e leali difficilmente possono andare uniti alle arti della diplomazia, scienza bugiarda creata apposta per mascherare il proprio pensiero e lo scopo che si vuol raggiungere: meglio vi si adattano l’arrendevolezza apparente, il scetticismo, la scaltrezza ed il poco scrupolo sulla scelta dei mezzi da impiegarsi per raggiungere lo scopo.