— 23 — fronte ai tre eserciti turchi che nel mese di giugno dell’anno 1813 s’avanzavano da tre parti sotto il comando supremo di Kourschid-pascià. La lotta fu ostinata e lunga: i Serbi, benché divisi, opponevano un’eroica resistenza all’irrompere delle masse nemiche, ma dovevano cedere al numero. La Serbia era quasi perduta e solo uno sforzo eroico con tutte le forze riunite poteva ritardarne la caduta ed ottenere dal vincitore tollerabili condizioni di pace: in questo momento supremo l’attendeva invece la più grande delle sventure. Karageorges, l’eroe dell’insurrezione, il capo energico che l’aveva fino allora guidata e sostenuta, l’abbandonava nel momento del maggior bisogno. Questo uomo che per circa dieci anni era stato esempio a tutti i suoi di valore e costanza di propositi per sollevare la sua nazione dal più abbietto servaggio, quest’uomo che aveva saputo infondere in tutti i Serbi i sentimenti nobili e generosi della sua grande anima, abbandonava la patria nel momento in cui tutti si volgevano a lui come ad ultima speranza, fuggiva il campo di battaglia su cui doveva cadere e si rifugiava sul suolo austriaco nel giorno stesso in cui il nemico entrava vittorioso in Belgrado (3 ottobre 1813). Quali furono i motivi che lo indussero a prendere una risoluzione così funesta per lui e per la patria sua? Forse le intestine discordie ed i ripetuti disastri avevano scosso in lui la fede fino allora nutrita per