— 29 — aumentando il prestigio della sua autorità e del suo nome. La rivolta era scoppiata inaspettata e niente vi era di preparato per sostenerla: non armi, non denari, non intelligenze predisposte nei paesi confinanti per gli opportuni approvigionamenti, non preparati i re-fugi nelle regioni montuose e boschive per ricoverarvi all’occorrenza la popolazione inerme: tutto indicava che il momento non era opportuno e che tal movimento insurrezionale non avrebbe avuto un esito fortunato. Per tutti questi motivi Milosch rifiutò di porsi a capo di esso e consigliò i sollevati a desistere dal loro tentativo, minacciando in caso diverso di unirsi ai Turchi per combatterli. Tal decisione di Milosch bastò per convincere la maggior parte della popolazione dell’inutilità del tentativo: solo in alcuni distretti rimasero in armi poche centinaia di rivoltosi sotto la guida di Hadgi-Prodan, voivoda di Senitza. Milosch non venne meno ai suoi propositi: raccolse qualche migliaio di armati nei distretti da lui dipendenti, si unì alle truppe turche e marciò contro i rivoltosi dopo essersi fatto promettere solennemente da Soliman-pascià un perdono generale per tutti quelli che avrebbero deposto le armi. La ferma attitudine di Milosch produsse benefici effetti: in breve la rivolta cessò: i capi di essa riuscirono a porsi in salvo aiutati tacitamente da Milosch stesso e la Serbia tornò all’obbedienza del governatore turco.