i6 sono frutti di stagione, e sono spesso anche caratteri esteriori della poesia del Byron ; ma è fuor di dubbio che, sotto la gonfia apparenza, c’era un sentimento vero, l’aspirazione sincera alla libertà politica, l’insofferenza dei vincoli e delle meschinità oppressive della signoria straniera : italiano tra gli italiani, egli condivideva le loro speranze, li aiutava, li incitava, pur non prendendo una parte vera, diretta e attiva, alle congiure e ai moti rivoluzionari che infiammavano la Romagna in quegli anni (i). Forse più a buon diritto dello Stendhal, che sulla sua pietra funeraria volle dichiararsi « milanese », il Byron avrebbe ben potuto chiamarsi « italiano » : tutta l’opera sua, dal momento ch’egli toccò il nostro suolo, può dirsi composta sotto l’influenza della natura e della cultura italiana. E vogliamo anzi ricordare quello ch’egli scriveva il 6 aprile 1819 al Murray, che lo incitava a comporre un grande poema : Cosi dunque voi e Foscolo vorreste ch’io mi mettessi a scrivere ciò che voi chiamate « una grande opera » ? Suppongo che intendiate un poema epico, o qualche enormità simile ! Non tenterò certo una tale impresa : odio d’assegnarmi un còmpito.... E quanto a opere..., che cos’è il Childe Harold? Ma poi che voi richiedete lunghezza, ne avrete a sufficenza col Don Giovanni, che farò di 50 canti. E Foscolo poi ? Perchè non scrive anch’egli qualche cosa di più delle Lettere di Jacopo Ortis, d’una tragedia e di qualche opuscolo ?.... Inoltre, io intendo di scrivere la mia opera migliore in italiano, e mi ci vorranno ancora almeno nove anni intieri per impadronirmi di questa lingua : poi, se vivrò ancora e se la fantasia mi sarà conservata, esperimenterò quello che posso realmente fare ! Dichiarazione singolare e forse unica di un grande poeta straniero, il quale riteneva che solo scrivendo in italiano egli avrebbe potuto dar la misura del suo genio ! Ma, per tornare all’Ode, la nota politica è in essa assai più accentuata che nel Childe Harold, anzi essa è tutta un’imprecazione contro la tirannide. Onde non fa meraviglia che nella traduzione in prosa del Rusconi, pubblicata a Padova nel 1842, la Censura (o forse già il traduttore stesso per precauzione) abbia eliminato quei versi che troppo violentemente colpivano i regnanti, o nei quali si esaltava con accenti troppo focosi la libertà, o anche solo si accennava con scarso rispetto ai nuovi padroni di Venezia, come i versi 20-23 deploranti il ruvido suono del tamburo barbaro, che con la sorda dissonanza quotidiana ripete l’eco della voce del tuo tiranno... e più avanti (v. 67-70) : O uomini, che versate il vostro sangue per i re come fosse acqua, che cosa hanno essi dato in compenso ai vostri figli ? Una eredità di servaggio e di sventura, una schiavitù ad occhi bendati, dove le percosse sono il vostro salario. E così i versi 122-124, e tutto il tratto dal v. 127 al 134 e dal 139 al 141, dove si accenna all’Olanda e alla Svizzera e alla differenza tra la libertà d’America e la schiavitù d’Europa. (1) Vedi in argomento Giovanna Foà, Lord Byron poeta e carbonaro (1935, Firenze) : un lavoro modesto, ma di ricca informazione e praticamente utile anche perchè riassume in poche pagine i giudizi dei più eminenti critici sulle opere del Byron, sparsi in molti volumi.