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     Giuseppe Marussig - detto sempre in famiglia venezianamente Bepi -passò la sua infanzia a Fort’ Opus. Deve aver frequentato molto le aule scolastiche, perchè si abituò a parlare sempre come se stesse sulla cattedra, tanto che alcuni amici romani gli regalarono il titolo di « professore ».
     Madre natura gli aveva dato un corpo robusto e un animo esuberante ; ma è probabile che la perniciosa malaria endemica della Narenta abbia intaccato troppo presto la sua giovane fibra.
     Nella vita di famiglia e nell' ambiente di Fort’ Opus e di Borgo Erizzo, Bepi apprese l’italiano, l’albanese e il croato. Nelle scuole medie dello Stato si impratichì nel tedesco; poi studiò da solo il francese e qualche altra lingua ancora ; sicché divenne un poliglotta per la forza delle circostanze.
     Non ho voluto, nè potuto, fare una ricostruzione biografica, minuta e pedante. Preferisco darne la sintesi : che è stata una tragedia continua, famigliare, morale, fisica e politica. Vedrà il lettore come tutte le vicende della sua travagliata esistenza si siano susseguite l’una dall’altra, con una logica fatale.
     Beppi Marussig fu privato per tempo dell’ affetto materno. In una delle sue novelle (scritte per lo più a sfondo personale) parla della madre con parole commoventi. Dal padre, ahimè !, dissentì assai presto nelle idee politiche. L’ adolescenza, Beppi Marussig, la passò fra Borgo Erizzo e Zara, dove frequentò il ginnasio-liceo dello Stato con lingua d’insegnamento italiana.
     Zara era un crogiuolo di nazionalismo italiano. Marussig - a quanto m’hanno narrato alcuni suoi condiscepoli - s’infiammò per l’Italia. A scuola era bravo e intelligente, ma appariva alquanto strambo e squilibrato. Fuori della scuola, abbandonato a sè stesso, compariva in prima fila nelle dimostrazioni da piazza contro i gendarmi e contro il Governo. Per questo venne in conflitto col padre, che non dev’essere stato un croato molto convinto (se permise che il figlio crescesse nell’ idea italiana), ma che si sarà trovato a disagio di fronte ai capoccia del croatismo per le scappatelle del figlio. Cogli anni il dissidio tra padre e figlio degenerò in rottura completa, tanto che, quando il padre morì un anno circa prima del figlio, la famiglia (formata dalla sorella del nostro e dalla matrigna) non gli mandò nemmeno la partecipazione della disgrazia. Eppure il libro « Scrittori d’ oggi », pubblicato dal Marussig a Roma nel 1926, porta la dedica « A mio padre ». Però anche in questo dissenso nazionale col padre bisogna constatare un indizio di spirito critico e di indipendenza di pensiero.
     Già nel ginnasio Bepi Marussig leggeva passionatamente ; divorava •'bri di ogni genere, senza una guida e senza un freno.
     Un bel giorno - questo è un ricordo mio personale e di moltissimi zaratini - si sparse la voce, orribile, che il piccolo Marussig aveva tentato