28 inosservata o potè almeno sempre mascherare il suo scopo ; quando però negli ultimi decenni del '300 essa si affermò quale un vero e proprio commercio dell’articolo uomo, allora le città corsero ai ripari. Tuttavia deve essere posto in risalto che, quantunque la funzione economica della schiavitù fosse allora ormai sorpassata, non la abolirono, ma cercarono soltanto d’impedirne la sua degenerazione per opera di persone spregiudicate. Un tale procedimento trova certamente la sua ragione nel fatto che la schiavitù era innestata nel diritto millennario che governava le città dalmate, diritto che esse non volevano dichiarare abrogato in nessuna parte, anche se di esso non tutto si adattasse ormai alle nuove condizioni sociali. §2 -La schiavitù attraverso gli Statuti cittadini. a) La schiavitù domestica. Chi si accinge ad esaminare gli Statuti per ricercare di interpretare le disposizioni che si riferiscono ad un determinato istituto, con il fine di sviscerarne il carattere ed a tentare di derivarne gli elementi che lo componevano, non deve mai perdere di vista quella che fu la funzione ad essi assegnata nelle città dalmate. Perciò, senza avere intenzione di premettere a questo capitolo una vera disamina su tale argomento (*), riteniamo almeno opportuno di rilevare che negli Statuti, per la massima parte, le istituzioni giuridiche e sociali vigenti nelle diverse città si possono afferrare più di scorcio che non delineate in pieno, senza contare che di alcune di esse non si trova neppure traccia in certi Statuti. Così ad es. stando a quello di Zara, la città ai cui documenti dobbiamo dedicare nella seconda parte di questo lavoro la nostra attenzione, sembrerebbe che in essa la schiavitù avesse avuto una minima parte, perchè vi troviamo appena menzionati quà e là gli schiavi ; questa supposizione verrebbe poi quasi avvalorata dal fatto che si incontra appena un accenno indiretto circa la manomissione, come se mancando la schiavitù non vi fosse stato bisogno di occu" parsene. Questa che può sembrare una manchevolezza degli Statuti, non è altro che la logica conseguenza dell’ origine delle città dalmate. Anche quando territorialmente non formarono più parte dell’ Impero, la legge con la quale continuarono a governarsi rimase la stessa, ed allorché nei documenti c’ è un richiamo al diritto consuetudinario, al diritto della terra od al diritto municipale, s’intende sempre il diritto di Roma, o nella forma originaria o nelle successive elaborazioni, specialmente quelle codificate all’ epoca di Giustiniano. Naturalmente anche le nuove condizioni di vita delle città influirono sulla dottrina e sulla giurisprudenza e perciò, mentre non c’ era bisogno di ridurre gli Statuti (1) A. Teja - Il regime giuridico e la funzione degli Statuti nelle città dalmate durante il medio evo (Zara, 1937-XV); Statuti di Dalmazia (La Rivista Dalmatica, Fase. Ili e IV, annata XX, 1939-XVII).