10 giornalista. Ignoro se sia stato iscritto nell’ albo dei professionisti. Lo credo probabile, però non aveva la tempra, nè la fibra, per fare il giornalista militante. Fu piuttosto un critico e un collaboratore di giornali, specializzato nel reportagio sportivo, un campo nel quale, purtroppo invano, avrebbe voluto eccellere anche come campione di nuoto, di scherma, di canottaggio. La vita di giornalista riusci confacente al suo temperamento e alla sua produttività letteraria. A Roma scrisse articoli polemici, di letteratura, di critica, d’arte, novelle, romanzi, commedie, drammi e poesie, alcuni raccolti in volume, altri inediti. Fu per due anni circa critico letterario del «Popolo romano» dando a questo giornale un contributo ampio e svariato; poi venne chiamato alla «Nuova Antologia», dove pubblicò un romanzo del quale altri parleranno. Ricordo, in un anno che non saprei precisare, una serie di suoi articoli dalla Jugoslavia, pubblicati dal «Messaggero». Ho presente una corrispondenza da Mostar, da lui battezzata Pontevecchio. Purtroppo le necessità materiali della vita e la malattia non gli permisero di sviluppare tutte le sue capacità. Ad ogni modo il complesso dei suoi lavori basta a fargli assegnare un posto onorevole nella lista degli scrittori dalmati. Nel decennio 1920-1930, pur vivendo a Roma anch’io, non ci siamo incontrati che di rado, perchè la sua orbita di libero professionista non combaciava con la mia di funzionario. Seppi che Marussig aveva trovato un impiego presso l’Ufficio Storico delia Marina. Ora posso precisare che vi stette dal gennaio 1927 al settembre 1931. Poi tra i «si dice» della colonia dalmata a Roma scoppiò una bomba: corse la voce cioè che Marussig aveva tentato un terzo suicidio, sempre per un amore contrastato. Ma io non ho mai creduto a questa versione semplicista. Se è vero che il primo suicidio e la reclusione in convento potevano essere soltanto delle ragazzate romantiche, frutto di impulsività, il tentato suicidio sotto i quarant’anni doveva aver avuto cause più profonde. Marussig deve essersi trovato in un momento di depressione e di scoraggiamento tali, che lo condussero alla disperazione. Sentendosi solo e abbandonato, corroso nel suo fisico da un morbo che non perdona, con un ultimo atto ribelle di forza deve aver voluto sottrarsi alla tirannia di un ingiusto destino, che gli dava il presentimento di dolori ancora più forti. Ma il fato non lo esaudì ed egli continuò a vivere, rassegnato, trasformato. Ignoro fino a quando l’ultima tragedia d’amore abbia lasciato le sue tracce. 11 disagio economico momentaneo fu sanato da un nuovo, migliore, impiego presso il Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda, poi trasformato in Ministero per la Cultura Popolare. E fu in quest’ ultima