35 mi; se un gentiluomo pensa a dire male de’ fatti miei, mi sento sicuramente offeso; ma tra i miei nemici, de’ quali incomincio man mano a discoprire il viso, non trovo una sola faccia di gentiluomo; e che la plebe si dia al pagliaccio non mi reca nè meraviglia, nè stupore, nè dispetto ; questa è sua natura, e, secondo essa, governa il suo talento e 1’ opere sue. Ma Ella non può, non deve esser confuso in mezzo a gente che un pubblico avido di pettegolezzi e di scandali paga perchè lo faccia ridere ; nè può tollerare, per timore d’ esserne maltrattato, di servirle come autorità per rovinare, se si possa, la fama d' un uomo, eh' Ella può giudicare a suo piacere come uomo di lettere, ma eh' è in obbligo di rispettare come uomo d’onore. Ella, mi fa dire, è vecchio; Ella è infelice; e i suoi dolori destano pietà ; ma una pietà ben più grande Ella mi desterebbe, o Signore, se, per timore del danno che Le potesse venire dispiacendo a chi abusa della penna, consentisse recare indegnamente offesa a chi usa della penna con una libertà sempre rispettosa, quantunque egli ami più di Lei e più di sè stesso il proprio paese, eh’ ei s’ adopera a servire, dicendo onestamente e coraggiosamente quello che gli sembra il vero. Io non so s’ Ella vorrà ora rispondere alla presente, senz’ altre ambasciate, le quali per quanto venissero da persone a me care, non condurrebbero a nulla, cioè a nessuna mia soddisfazione. Debbo tuttavia significarle come, se a Lei vecchio è cara sovra ogni cosa la sua pace, a me giovane è caro sovra ogni cosa il mio onore, e che, contro il mio costume, piglio copia di questa lettera, per pubblicarla nella Rivista Europea, quando Ella non si degni rispondere, in modo che il mio onore si trovi interamente salvo, come io ho pieno diritto. Mi creda, con sensi e riverenza 11 suo devotissimo Angelo de Gubernatis. » Firenze, 20 marzo (senza indicazione dell' anno) via Pietrapiano, 18, I piano La lettera del De Gubernatis ci dà tutta la misura della tristezza amara del Tommaseo, cieco, invecchiato e povero. Pieno della voluttà del sacrificio, dell’ orgoglio della povertà, dell’ ambizione della solitudine, il Tommaseo sentiva in quei giorni il suo isolamento in un mondo nel quale non poteva più rimanere, i1) Al De Gubernatis non vuole rispondere niente. Aveva tuttavia da dare una spiegazione alla sorella di questo, Teresa De Gubernatis-Nannucci, direttrice delle ausiliarie telegrafiche. La spiegazione era questa: (lettera inedita, pacco 99, carte Tommaseo) « Pregiatissima mia Signora, 22 marzo ’74 L altr’ ieri, poche ore dopo la gradita sua visita mi giunse una lettera richiedente risposta: chiamato in quel punto a tavola, feci dire, risponderei. Letto (*) R. Ciampini : «Introduzione al Diario intimo», Torino, Einaudi, 1938, pg. 51.