4 riassuntivo della sua personalità e del suo estro; specchio di un costante contrasto interiore, eh’ è crisi continuata di un’ instabile unità, prodotto di oscure mescolanze di tradizioni, di leggi, d’ impulsi, che cercano invano la conciliazione e il superamento in un equilibrio che, appena raggiunto, si sfascia con un intimo, doloroso, spirituale laceramento. Indi, quel cercare continuamente se stesso dentro alle voragini della propria spiritualità sepolta, in un’ analisi che, più si fa profonda, più dà pena e tristezza, perchè più chiara si fa la coscienza dello sforzo impotente e più ansioso il bisogno di ritrovarsi e di dare una ragione alla vita, per sottrarla, nella immensa pietà di se stessa, alla suggestione e al richiamo della morte. La cui austera presenza, allevia la sua disperazione con un fascino così prepotente, che la spoglia di ogni macabra sembianza e le attribuisce la dolcezza di un soave distacco dalla schiavitù del dolore per un lento confondersi coll’ infinito nirvana. Questo dolore, cieco di speranza, trapela senza asprezze, con un senso anzi di comprensione fraterna e di umano compatimento, nella sua opera amara; la quale è soltanto un frammento della sua verità segreta, che il destino avverso gli consentì di svelare appena nel corso di una tanto breve e difficile vita, che gli fu stroncata prima ancora che il suo temperamento di scrittore potesse imporsi all’ attenzione dei più, oltre il cenacolo dei fedeli che oggi, in queste pagine, 1’ onorano. Nè le modeste proporzioni dell’ opera, nè la poca risonanza del nome li distolse dal rievocarne il ricordo in essi sempre vivo, con un gesto di pietà, cui noi cooperiamo con simpatia commossa, onorando, in lui, ed esaltando tutti quei generosi viigulti che, strappati dalla tormenta alla nostra terra, cercarono sole e conforto sotto altri cieli, e in solitudine di anima, nella sterile attesa, intristirono, consumando beni, affetti, energie, e la vita stessa, nella nostalgia di un nome e nell’anticipazione di un evento. Tutti quei Dalmati, che da venti anni battono le strade del mondo, si disperdono, si cercano e si ritrovano fra estranea gente, accomunati da uno stesso rimpianto e da una medesima chiusa, tenace esaltazione, che li fa anche più schivi e più solitari, riconosceranno in Giuseppe Marussig uno spirito congeniale e fraterno, e comprenderanno, per un’ intuizione sottile dei loro animi affinati nell’ attesa e nella sofferenza, i motivi che hanno indotto i suoi amici a promuovere questa commemorazione. Ildebrando Tacconi