47 dove egli era nato ; dove aveva cominciato a sognare ; dove i suoi erano seppelliti, da tanti anni, lassù, nel piccolo camposanto sul colle, presso quella Narenta al cui noto canto egli ancora sobbalzava, come quando al suo cuore di ragazzo diceva chissà che favole e che storie care. .....Anime in pena tutte, quelle della sua famiglia, Giuseppe sapeva pur bene : anime in pena che avevano bisogno di correre per il mondo ; di vedere, di guardare, di cercare ; di fuggire ; senza pensare di dove, senza sapere da che o da chi, ma di fuggire. Andare, andare ; muoversi ; agitarsi, cosi, con la speranza segreta di trovare nel moto e nell’ agitazione, se non l’oblio, se non la pace, almeno quel leggero stordimento che basta qualche volta a impedire di chiudersi troppo in se stessi, di stare troppo piegati, come su 1’ orlo di un pozzo, a guardare quello che avviene dentro, a esaminare continuamente ciò che increspa le acque buie, giù, in fondo. Tutti gli uomini del loro nome, da anni e anni, avevano fatto così; tormentati, tutti, da un’ inquietudine che era tramandata da generazione a generazione con lo stesso sangue. Così avevano fatto i nonni, così avevano fatto i padri; così aveva fatto anche lui, Giuseppe, lo zio saggio, come piaceva a Giulio di chiamarlo. Ora anche 1’ ultima generazione pativa quel destino. Destino di una famiglia, soltanto ? No. Più vasto di una casa era quel dramma : vasto quanto tutta quella loro terra, quanto tutta quell’ul-tima Dalmazia, sperduta, 11 al confine di due civiltà contrarie, campo di tutte le guerre cruente e incruente di due stirpi diverse e avverse. Non si può senza danno vivere secoli e secoli su un lembo di terra dove sempre si sono scontrati l’Occidente e l’Oriente ; dove sempre hanno conteso genti di sangue nemico. Tutti gli uomini di quella terra, tutti, appena lasciavano la zappa e gli altri strumenti della loro umile opera; appena dal solco dove erano piegati alzavano il capo a guardare, lì intorno, i campi, e, laggiù, il fiume, quel fiume gonfio, tante volte arrossato dal sangue, e, lassù, il cielo che già mutava colore; appena cominciavano a pensare; tutti quegli uomini sentivano, tutti pativano la stessa inquietudine, lo stesso dubbio, gli stessi tormenti. Era come un tremore interno ; come il tremore di chi vive sempre tra uomini in rissa, in un’aria di odii antichi e sempre vivi. Popolo senza pace, il loro; povero piccolo dimenticato popolo che senza pace nasceva e senza pace moriva, condannato a consumarsi in quella sua inquietudine perenne. Tragedia non di una famiglia; della quale una famiglia non era nè poteva essere che un personaggio. Nella guerra che ogni uomo di senso morale combatte dentro di sè,