23 Tali notizie, troppo frammentarie, si prestarono facilmente a far sorgere il dubbio, se non la convinzione, che la schiavitù nelle città dalmate, per determinate ragioni contingenti, rappresentasse una questione sulla quale fosse meglio non approfondire troppo le indagini. La conseguenza ne fu, che, se proprio il passato delle città dalmate non ne uscì offuscato, in quanto la schiavitù nel medio evo la si riscontra un po’ dappertutto, sulle stesse si profilasse però quasi una nube capace di adombrare in certo qual modo la loro gloriosa tradizione di civiltà e di progresso. Invece non è affatto così. Anzitutto è necessario non perdere di vista il fatto che la schiavitù nelle città dalmate non può datare dal medio evo, quasi allora fosse sorta per una specie di autogenesi dovuta alle peculiari condizioni sociali di quei tempi, oppure adottata per imitazione dei costumi barbarici di popoli che le ondate delle trasmigrazioni avevano spinto fin sulle rive dell’Adria-tico, animati, più che da spirito di conquista, da cieca furia devastatrice. Circostanze diverse hanno finora impedito che facesse molta strada nel mondo culturale, e acquistasse la notorietà necessaria, questo fatto incontrovertibile : la Dalmazia, già facente parte dell’ Impero Romano, è stata una delle poche provincie in cui, anche dopo che lo stesso aveva cessato politicamente di esistere, la popolazione conservò fedelmente ed ininterrottamente la propria latinità i1). Le invasioni degli slavi nei secoli VI e VII riuscirono bensì a cau- mulum vel famulam », che con la schiavitù non ha nulla a che fare, perchè « famulus » era denominato il salariato, 1' operaio, il dipendente in genere, e non lo schiavo. — Qualcuno ha ricordato poi il trattato di commercio concluso fra Ragusa e Cattaro il 5 giugno 1279, nel quale si trova : « Et etiam si Catarinus extraxerit de Ragusio servum vel ancillam, solvat id quod solvit Ragusinus, et si Ragusinus extraxerit de Cataro servum vel ancillam, solvat id quod solvit Catarinus ». Questa disposizione si riferiva, è vero, all’ estrazione reciproca dalle due città di schiavi, ma non si trattava del loro commercio, bensì dell’acquisto fatto o nell’ una o nell’ altra città di slavi provenienti dai paesi dell’ interno, da impiegarsi quali domestici presso i rispettivi compratori. C) Nella seconda metà dell’ottocento gli storici slavi impresero un poderoso lavoro per tentare di dimostrare due cose antitetiche : primo, che la popolazione romana della Dalmazia fosse stata completamente distrutta o dispersa dalle invasioni degli slavi; secondo, che se posteriormente alle invasioni si constatava in Dalmazia l’esistenza di fiorenti città, esse necessariamente non avrebbero potuto essere state fondate se non da slavi. Di conseguenza, secondo essi, tutti i documenti concernenti la Dalmazia medievale non sono altro che documenti riguardanti gli slavi. In seguito gli stessi storici slavi dovettero persuadersi che tali teorie non reggevano alla prova dei fatti, ma le pubblicazioni dei documenti raccolti in collezioni di molti volumi rimasero, collezioni di cui le principali portano i seguenti titoli : Codex Diplomaticus Regni Croatiae, Dalmatiae et Slavoniae ; Monumenta histórica Slavoruni meridionalium ; Monumenta historico-juridica Slavorum meridionalium ; Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium ; Documenta historiae chroaticae periodum antiquam illustrantia. In queste collezioni sono raccolti e mescolati insieme i molti documenti che