14 come atto di cameratismo, ero stato presente anch’ io, e avevo ancor vivo il ricordo del Canto di Francesca da Rimini, detto dalla Ristori, del Mer-cadet 1’ affarista, interpretato insuperabilmente dall’ Emanuel e di una divertente commedia veneziana «Sior Piero», recitata con una comicità gustosissima dal Papadopoli come chiusa dello spettacolo. «Eh, allora le mie forze erano ancora intatte... Ma adesso!...». « Non si preoccupi. Passerà anche questa... Ma... vedo che la rappresentazione sta per cominciare. Spero che c’ incontreremo qualche altra volta ! La ringrazio proprio di cuore di questi tre quarti d’ora di conver-sazione, il cui ricordo non si cancellerà tanto facilmente ». Si alzò con fatica dalla poltrona e volle accompagnarmi sino alla porta del camerino, ripetendomi 1’ espressione della sua riconoscenza per 1’ atto benefico della Ristori. La recita di « Pater » non riuscì troppo felice da parte dei filodrammatici »; ma il Papadopoli nella sua unica scena non ismentì la sua fama, quantunque i suoi gesti fossero alquanto impacciati per 1’ immobilità del braccio sinistro e la sua pronunzia tradisse qualche difetto. Specialmente nelle ultime battute fu di una sincerità commoventissima che provocò un fragoroso applauso del pubblico e parecchie chiamate a scena aperta. Tornai da lui a salutarlo, e avendo appreso da un signore seduto vicino a me che il povero attore passava dei giorni senza mangiare, gli proposi di ritrovarci insieme qualche sera in un ristorante in Piazza Vittorio Emanuele, dove io di solito cenavo, verso le otto. Avremmo così avuto il modo di continuare le nostre conversazioni sull’ Italia. In verità non capitavo che rare volte in quel ristorante; ma si trattava di un locale vicino alla casa in cui il Papadopoli abitava - in via Carlo Alberto -, e io, sia per non obbligarlo a fare un lungo tratto di strada, date le condizioni in cui egli si trovava, sia per non dare al mio invito il carattere di un atto di beneficenza che avrebbe potuto umiliarlo, avevo ritenuto opportuno di accennare ad una consuetudine... inesistente. « Accetto volentieri - mi rispose - ma, per amor di Dio, non faccia complimenti. Avranno certo raccontato anche a lei dei miei pranzi succulenti di un tempo, del mio Trattatello di gastronomia sperimentale, ma si tratta di un remoto passato: ora anche nel mangiare sono l’uomo più normale di questo mondo. Per domani e dopodomani sono invitato oltrove ; potremo vederci sabato prossimo »,