55 La vita di Carlo Coletti è narrata così, come si dicono le malignità nelle botteghe da caffè ; e 1’ arte potrà essere quello che vuole, ma non è gioco, non può essere scherzo : è passione ; è sincerità ; è confessione. L’arte non si imprigiona nella dura e breve sfera di una definizione, varia ricca mutevole com’ è ; sorella della vita : ma è certo che c’ è un modo solo di combattere bene, con la speranza di vincere ; ed è 1' andare incontro ai fratelli col proprio cuore in mano. In Primadonna, invece, un arguto chiacchierone racconta sorridente ai suoi ospiti una vita di miserie e d’amore. Ma quanto poteva commuovere lo spettacolo di quelle miserie e quanta indulgenza e quanta bontà accendere in noi lo sbocciare di quest’ amore, se 1’ arte dello scrittore fosse stata migliore : più severa, più signorile, più nobile ! E quanto più varrebbe 1’ opera se anche l’arte che c’ è ci fosse sempre. Ma no. Arturo Colautti vuole troppo trastullare i suoi lettori. Carlo Coletti è per il Colautti come un’ occasione di freddure. Troppe, troppe freddure. Se è terribilmente vero che un libro non si scrive come si buttano su la carta le parole di una nota politica da giornale, è anche vero che 1’ arte non è una frivola signora che lo scrittore deva far sorridere o stupire. L’arte è un sostantivo femminile soltanto per la grammatica. Il Colautti di Primadonna, invece, ha qui la faccia di chi al caffè ci parla dal tavolo vicino ; chè, in questo romanzo, egli ci ricorda, non la sua arte dei Canti virili nè quella del Terzo peccato, ma quella che, in Dio e la donna, su le bucce di fico del quinario sdrucciolò e cadde nel ridicolo. Eppure la materia non era vile : se mai ci possa essere materia vile. La vita di Carlo Coletti come è raccontata dal Colautti è ricchissima. Come egli, in uno di quegli impeti o in una di quelle cecità che sono stati nella pubertà di tutti stringa le nozze con una femmina volgare, perchè crede di amarla quando è, invece, attratto solo dalla bellezza dell opulento corpo di lei ; come questo amore appassisca, a poco a poco, con la bellezza di Giulia ; come la figliola non possa, con le sue deboli braccia, tenere uniti i genitori ; come il Coletti, venuto dalla sua cittadina natale alla città grande dove si vince ma dove anche si muore facilmente, lotti ; come la dolce bimba di Carlo muoia e la sua tomba diventi un abisso tra i due ; come egli, che è sempre vissuto onesto in quel clima morale dove così rigogliosamente fioriscono i birbanti, si accenda d’ amore per una bella donna senz’ anima e per lei si li-beri di qualche proprio scrupolo carissimo ; come, non potendo avere la donna gelida se non col matrimonio, Carlo Coletti pensi di liberarsi in ogni modo della moglie e come, alfine, se ne liberi ; come, dopo tanti e tanti stenti, egli vinca e la gloria cominci a sorridergli: tutto, tutto è detto argutamente dal Colautti. Ma con una fedeltà e una precisione certo più meccaniche che artistiche; con qualità più logiche che poetiche. Peccato che il libro sia stato scritto senza alcuna intenzione di stile !