7 1’ ampia distesa, spingendo 1* anima anelante all’ altra sponda, all' alba, rispondendo alla commossa fantasia del prolugo, avrebbe forse disegnato tenuamente i bianchissimi monti, la lunga striscia inargentata di ulivi, le mille isole cinturate dai canali insidiosi... Il treno correva con insolito fragore. La conversazione dei miei tre compagni di viaggio mi passava inavvertita. Andavano in Albania, a Salonicco, dopo aver combattuto valorosamente nel Trentino, sull'Isonzo. Portavano in fronte il bacio della vittoria. Avevano avuto due giorni di licenza per abbracciare le famiglie. Bastavano. Non avevano voluto chiedere di più. Vedendomi assorto, evitavano di rivolgermi la parola e non certo imaginavano il tumulto di sensazioni che si agitava nell’animo mio. Il treno correva, e la notte, la stanchezza, il fragore del treno, che per il viaggiatore che lo ascolta nell’ imminenza del sonno assume talvolta stranamente i ritmi più vari, prevalsero. E il sonno venne, ma debole, agitato, rotto, a scadenze, da una voce sonante e breve nel minuto calmo, dopo il frastuono della fermata. Cassino... Caserta... Benevento... Poi lo sforzo scricchiolante della ripresa, la corsa, il ritmo fantasticamente plasmato, di nuovo l’irrequieto sonno... E l’alba desiata biancheggia, e una lunga striscia cinerea apparve sull’ orizzonte. Era l’Adriatico? Non osavo quasi crederlo. La striscia incombeva immobile. Era forse una continuazione di cielo o dell’ evanescente distefa dei campi avvolti dalla nebbia dell’ ora. Ma allo sguardo, acuito dal commosso desiderio, un blando raggio di sole, fattosi strada tra i vapori meno resistenti, offerse, d’un tratto, un lucicchio rivelatore : era proprio il mare natio, l’azzurro mare dei nostri dolori e delle nostre speranze, l’Adriatico, che il divino sole di settembre ricoperse presto di immensi fasci luminosi. E il nostro cuore ebbe intensi palpiti di tenerezza, e gli occhi, disavezzi alle lacrime, si velarono di pianto. Lo spettacolo si era fatto stupendo. Il treno batteva la via costiera, altra volta cannoneggiata dal nemico, ma i viaggiatori, attratti dal nuovo chiarore e dall’ odorante frescura che irrompeva, attraverso le finestre ormai dischiuse nelle vetture, si erano in gran parte raccolti nel corridoio. Guardavamo tutti cogli occhi intenti, coll’ anima tesa. A tre, quattro miglia lontano dalla costa comparve, d’ un tratto, una grande nave in movivento. Altre minori, come di scorta, le giravano intorno. — « Sono navi nostre » affermò uno dei viaggiatori, dileguando così un sospetto, non manifestato, ma che forse poteva essere penetrato in qualcuno. « Se fossero navi nemiche ci avrebbero già cannoneggiato. Sono navi nostre che ben ci proteggerebbero da una nemica incursione aerea ».