ANCORA SUL CONGRESSO DEGLI ALBANESI A TRIESTE NEL i9i3 Leone Veronese, mentre noi stavamo per uscire, nell’ultimo fascicolo della Porta Orientale, con un articolo suo intorno al Congresso degli Albanesi, tenutosi a Trieste nel 1913, si spegneva, con serena e stoica fermezza, in seno alla sua famiglia. («Il Piccolo», 31, XII, ’40). Il garibaldino di Domokos, il raccoglitore delle memorie dell’irredentismo, il patriotta perseguitato dall’Austria durante la guerra mondiale rimarrà una figura indimenticabile per la storia di Trieste. Poco prima di morire, egli ci aveva mandato queste pagine, in continuazione del succitato articolo sul Congresso degli Albanesi: pubblicandole ora, intendiamo di ravvivare, fra quanti lo conoscevano e lo amavano, la voce del nostro carissimo collaboratore. L’ultimo suo scritto non poteva essere che su argomento di squisita attualità nazionale. Ad illustrare maggiormente le varie fasi attraverso le quali si svolse il Congresso degli albanesi, aggiungeremo le seguenti notizie: L’i. r. Luogotenenza di Trieste, seguendo indubbiamente le direttive del Governo centrale, non mancò di fare del suo meglio affinchè il Congresso assumesse un indirizzo austrofllo. Già alla vigilia del Congresso, le autorità austriache vollero dimostrarsi cortesissime verso gli organizzatori del raduno, e, quale accentuazione del loro sentimento di ospitalità, elargirono ai suddetti organizzatori col mezzo del loro fiduciario, il barone Vopcia, un certo importo; rilevante ma ad ogni modo inferiore alla somma di 50.000 Cor. erroneamente precisata daH’«Indipendente». Questo denaro era destinato a sopperire in parte alle spese del Congresso e gli organizzatori ebbero il torto di accettare. Proseguendo nei suoi maneggi, l’i. r. Luogotenenza riusciva a far intervenire alle sedute del Congresso i suoi fiduciari, nelle persone del Consigliere di polizia di Trieste, Mahovec, del deputato Amdlich, del conte Taffe figlio del Presidente dei Ministri, del luogotenente dello Stato maggiore Loesseler, e del su nominato barone Vopcia che per molti anni fu al servizio dell’Austria in Albania. Tutti qùesti personaggi che abbiamo nominato e che al Congresso degli albanesi c’entravano come i cavoli a merenda, valendosi della eccessiva cortesia del presidente di quella assemblea, non si peritarono d’interloguire nei dibattiti svoltisi, suscitando vivo disgusto da parte dei Congressisti. Ma gli obbiettivi austriaci vennero guastati proprio per l’opera di un austrofllo il quale sotto lo pseudonimo di «Argus», e coi tipi della tipografia Herinanstorfer,