280 REMIGIO MARINI antico e la ritrattata vi appare nel riserbo vigilato che gli autoritrattisti del secondo Quattrocento prediligevano, nella seconda tela la pennellata più franca e scoperta, il più libero estro, e il gusto più degli accordi tonali, di casta elezione, che dei valori volumetrici e tattili, creano un quadretto di semplice e sorridente incanto. Di nutrito impressionistico colore sono i tre lavori del Cesar, con qualche spatolata in più forse, a denotare una sicurezza che va talvolta oltre il segno. Ma ritratto al vivo è il musetto di quel rubicondo «Tirolese», nei tradizionali toni verdi e marrone, e delicato e morbido il bianco dei «Garofani», e assai buono, spece nella parte superiore e nello scorcio delle braccia, il «Nudo». E degni di ricordo tutti e tre i paesaggi del Lucchesi. Paesaggi drammatici d’un autunno che rammenta più il 2 Novembre che l’estate di S. Martino. Completeremo l’elenco dei pittori di queste sale ricordando Bruna Beltrame con il suo nudo di nutrito colore, la vasta e ottimamente intesa «Campagna» del Cuccoli, i paesaggi di Renato e Romeo Daneo (più caratteristico quello del primo in un giottismo gustoso interpretato alla Carrà), i due aerei paesi di N. G. Fiumi e il suo penetrante ritratto, la sapiente pittura della «Campagna dalmata» di Marina Flaugnatti, i rossi cremisi del più gustoso effetto sui grigi argentei nei lavori della Lupieri, i tre miniati quadretti di Gianni Roma, la fortemente disegnata figura della Battigelli, le molto costruite xilografie del Belli, l’incisiva monotipia del Concilia, il ritratto muliebre del Dorbes, le floreali desuete eleganze dell’altro ritratto del Fulignot, la «Casa del calafato» alquanto manieristica del Quaiatti, i decorativi fiori dello Spadavecchia e l’onesta naturamorta di Alice Zeriali. E citati ancora il Girolimini, il Laghi, la Meneghini, il Pacifico e il Perizzi, veniamo a ricordare infine due nostri valorosi anziani troppo noti e stimati perchè occorra far qui un lungo discorso: Edgardo Sambo e Piero Lucano. Il primo con due delle sue più festose marine espone l’ampio ritratto d’una «Littrice» tutto imperniato sul supremo contrasto, felicemente risolto, del nodo di stoffa nera sul bianco candore dell’abito, L’altro, anche con una marina delle sue caratteristiche, ci dà la magnifica novità d’uno studio di nudo. Quelle carni vive, piene d’un madore acuto e, direi, d’una lirica animalità, nella plastica sapiente del dorso in penombra e sul fondo in ombra, dimostrano che quando i nostri ottocentisti ci donano di queste opere, nostro obbligo è far loro tanto di cappello. 4. Ci resta, per la pittura, di parlare della sala terrena. E dovremo per forza sacrificarla se non vogliamo trascurare la scultura tanto ricca e importante. Il pittore più significativo di questa sala resta per me Ramiro Meng: Pacquarellista e l’acquafortista del valore che tutti sanno. D’alta decorazione i suoi fiori, gli uni impostati sulla dominante delle corolle d’oro giallo, gli altri sul velluto vino-cremisi delle zinnie e di certi fiori bianco stinto i quali valorizzando per converso il verde bruno del fogliame creano nel quadro un estroso splendido groviglio. E di robusto suggestivo stile il paesaggio: un an-