DAL DIARIO DI UN GARIBALDINO 31 Di documenti, che per avventura siano stati trovati addosso alle vittime di quella giornata, non se ne ha traccia alcuna in questa Amministrazione. Con stima d’ordine il Capo del Gabinetto Colonna Al Signor Rodolfo Donaggio Trieste». E difatti il giorno 25 ottobre 1885 a Campo Verano si tumularono in apposita cripta i resti mortali delle tredici vittime, e il Donaggio ebbe una descrizione della cerimonia da parte di persona amica, che vi aveva preso parte: nella cripta, appositamente preparata sulla sommità della piccola collina che fronteggia l’entrata del cimitero, furono deposte le tre cassette rosse contenenti i resti dei gloriosi caduti e con essi lo storico documento in pergamena chiuso in un bulbo di cristallo (12). Così fini, gloriosamente per lui e per Trieste, Enrico Ferolli, giovane di carattere franco e risoluto, sempre pronto a difendere la patria di fronte a chi osava insultarla, sempre presente in tutte le dimostrazioni patriottiche cittadine: una prova del suo coraggio egli diede giovanissimo durante un trambusto, in cui da una guardia civica territoriale venne ferito da baionetta a una coscia. fi) Il manoscritto, in un fascicolo di 178 pagine, intitolato «Memorie di un garibaldino», contiene ancora altre notizie politiche dell’epoca, e in un’appendice di 46 pagine un elenco dei volontari giuliani che presero parte alle guerre per l’indipendenza italiana (riprodotto nel giornale «L’Emancipazione», anno IT, n. 65, Trieste, 20 luglio 1907). Tanto questo elenco che le altre notizie che stava ancora raccogliendo nel 1899, ultimo suo anno di vita, non sono di mano del Donaggio stesso, ma forse furono da lui dettate al figlio Ferruccio. Il fascicolo fu donato nel 1925 dalla famiglia, insieme con alcuni cimeli, al Museo del Risorgimento di Trieste per onorare la memoria del loro congiunto, morto il 9 febbraio del 1900. In una nota di queste sue Memorie il Donaggio narra la triste sorte toccata a un suo fratello, Stefano, d’anni 35, padre di sette figli. Era una domenica della fine di settembre del 1860. che egli e alcuni amici scendevano dal colle di Gretta canterellando delle canzoni patriottiche allora in voga. Giunti a metà strada si imbatterono in alcuni militi croati alquanto brilli, i quali pretesero di far cessare quei canti a loro oltremodo ostici. Ne nacque una zuffa e per tema ohe i militi avessero a far uso delle armi, i cittadini tentarono di disarmarli. Invano, poiché Stefano Donaggio fu trafitto da una baionettata. Trasportato all'ospedale militare e constatato che la provocazione era partita dai militi, fu rimesso in libertà, ma dopo due mesi soccombette al male. (2) Giovanni Nicotera terminata la guerra fu promosso generale. Nel 1894, poco prima che egli morisse, il Donaggio gli aveva inviato una lettera di saluto, alla quale rispose un nipote del defunto, Gerardo Giura, soldato anch’esso, capitano dei bersaglieri, dicendosi fiero di scrivere con riverenza affettuosa a un commilitone dell’adorato zio e porgendogli in nome di lui un riconoscente saluto.