PUBBL. E RICERCHE ARCH. SUGLI ESULI NAP. A TRIESTE 103 se ne accorgesse, proprio con la tradita sposa di quel Maresciallo Junot, la seducente Laura Permon, futura Duchessa d’Abrantes (100)'. Le mie ricerche per scoprire la tomba di Carolina furono vane; presumo però che il suo corpo si trovi nel sepolcro di Letizia Pepoli nel cimitero monumentale di Bologna, che, come noto, è sormontato dalla statua in piedi di Gioachino, le cui ossa non poterono venire rintracciate nella fossa comune della chiesa di S. Giorgio di Pizzo (101). La Villa Murat fu ereditata dai quattro figli, in quattro parti indivise; questi e i loro figli la cedettero il 4 ottobre 1852, rispettivamente nel 1891, a vari nominativi, che a loro volta vendettero le loro porzioni, in differenti epoche, a Enrico Rieter fu Enrico, (f 18 marzo 1890). Dalla figlia di questo, Emma maritata Gujer, residente a Marsiglia, la Villa passò il 31 gennaio 1896 in proprietà della Prima Pilatura Triestina di Riso Società per azioni, la quale la demolì tra il 1896 e il 1901 (102). Enrico Rieter aveva offerto nel 1876 al Comune la cessione della Villa verso una congrua permuta di terreni e immobili, nell’intendimento che il palazzo potesse essere ridotto a museo e il parco a giardino pubblico, in guisa di completare il passeggio di S. Andrea. Il Comune trovò giustamente che il Rieter aveva sopravalutato la proprietà e non mostrando neppure allora interesse di conservarci i nostri edifìci e monumenti storici, lasciò cadere senz’altro la proposta (103). La villa di Gerolamo fu da questi venduta il 31 maggio 1827 alla ditta Necker & Co., il cui titolare era il Console Svizzero Teodoro Necker, appartenente alla stessa famiglia del celebre Ministro delle Finanze di Re Luigi XVI. Gli eredi Necker la vendettero poi il 1° febbraio 1851 al Sovrano Erario Militare per l’I. R. Marina di Guerra, dal quale la ereditò il Demanio dello Stato Italiano, trasformandola in sede del Comando del Corpo d’Armata (104). Le due ville erano gemelle, costruite nel più puro ed austero stile «Louis XVI», con grande profusione di marmi e di colonnati; strano è che non ci sia tramandato il nome del loro architetto. Giuseppe Righetti (105) suppone che siano state ideate da un francese e dice che quella di Gerolamo fu trasformata da Giacomo Marchini senior (1751-1826). Sappiamo solo che il parco di quest’ultima, cui il precedente proprietario conte de Cassis aveva dato una fisionomia del tutto orientale, fu ridotto dal botanico Josef Ruchinger di Monaco, il quale da Trieste si portò poi a Venezia, per creare in quei giardini pubblici l’orto botanico. Non solo però questo immenso parco, ma anche quello di Villa Murat, fu sopratutto opera dei Bona-parte. Ambidue servirono di modello, con le loro piante rare, raccolte in lontani lidi, a quello di Villa Sartorio a Montebello, che a sua volta doveva ispirare l’Arciduca Ferdinando Massimiliano per la costruzione del parco del castello di Miramare (106). Oggi di Villa Murat non esiste più che un pallido ricordo e alcune reliquie del suo arredamento al Museo di Storia Patria e in alcune collezioni private di Trieste e della regione; di Villa Bonaparte esiste la vuota palazzina e la parte centrale del suo parco, in solitario e triste abbandono. Gerolamo, Elisa e Carolina si circondarono qui di brillanti Corti e di fasto. La seconda fu inoltre la munifica continuatrice degli scavi archeologici di Aquileia, che iniziati nel 1807 dall’udinese Leopoldo Zuccolo, per or-