80 EMMA FABI Soltanto, volendo dire che questo suo modo di lavorare non era il migliore, perchè il traduttore e il critico devono mantenersi freddamente obbiettivi e fermi, possiamo osservare che ben pochi studiosi hanno messo e mettono tanta parte viva e intelligente di sè nello sforzo di penetrare intimamente l’opera che esaminano. Nell’introduzione che presenta la traduzione dei «Diari» Slataper diede il suo giudizio fondamentale su Hebbel, l’artista che aveva voluto esprimere il dramma dell’umanità in lotta perenne con sè stessa e con il mondo. Egli sostenne che il vero capolavoro di Hebbel erano i «Diari»; e scoperse che la sua dottrina filosofica era incompleta. Con quest’opera si forma dunque lo Slataper critico. Parlare del successo larghissimo ottenuto dalla «Giuditta» e dalla pubblicità dei «Diari» non ha importanza, ma è giusto ricordare che lo Slataper ha il merito d’aver fatto conoscere Hebbel in Italia. Hebbel era senza dubbio il creatore di una nuova forma drammatica, e Slataper vedeva nel suo poeta l’immagine dell’uomo moderno non legato a tradizioni, lìbero, indipendente, forte in sè stesso, perciò lo amò e cercò in lui una verità che fosse forza anche per sè. Ma non molto dopo se ne staccò, (come si era staccato da Nietzsche), quasi senza avvedersene, deluso del suo pessimismo, portando bensì in sè tracce dell’arte hebbeliana, ed il desiderio di creare un grande dramma considerando questa la forma artistica più elevata in quanto fedele rappresentazione della vita umana. Egli non poteva infatti riconoscersi a lungo unito ad altro spirito perchè in lui ferveva un continuo movimento per elevarsi, ed ogni suo studio nuovo, ogni suo atto era superamento. Da allora lo Slataper già più scaltrito e approfondito nei metodi della critica, vivendo nel cuore stesso della coltura e nel solo luogo dove erano fruttuosamente possibili gli scambi di idee, le discussioni che procura e suscita in un ambiente intellettuale la comune passione per l’arte e la filosofia, cercherà, investigherà, frugherà, intensamente e instancabilmente, nel mistero della creazione artistica e del suo valore umano. In ogni opera cercherà prima di tutto l’uomo, per sentire l’intenzione e l’ispirazione, il significato della sua arte. Le sue prime pagine di critica e, se non di critica, d’arte, di quella acuta penetrante osservazione che prelude alla vera critica artistica, si possono considerare già gli interessati e originali «Caratteri» scritti per la «Voce» ancora prima dei suoi studi hebbeliani. Sono profili di tipi del mondo borghese, spietatamente tracciati e mancanti forse di una schietta vena satirica, ma efficaci, sferzanti. Anche l’epistolario del Tasso ch’egli aveva curato gli diede occasione di farne una critica seria e organica che fu posta come introduzione al volume. I suoi nuovi studi, i suoi tentativi di critica lo portarono alla convinzione che la critica, oltre che opera di analisi e di sintesi, è opera di costruzione, opera cioè che «deve creare il significato dell’opera di un uomo». Questo principio costituisce l’appassionata ricerca nell’opera dei valori che hanno contribuito a formare l’uomo, la sua vita interiore e anche la sua vita materiale; e stabilisce la spiegazione dell’opera su un piano di biografia dell’autore. Da ciò, risalendo l’arte in senso inverso, dall’uomo all’opera, come la critica risale dall’opera all’uomo, la necessità della morale nell’uomo per l’arte. Sarà questa la tesi dello Slataper: uomo morale — arte morale. E’ que-