226 CARLO RAPOZZI paese, la forza repressa dei giovani miranti a crearsi una propria vita. Nel nostro caso la gioventù non trovò altro sbocco, altra risorsa che di rinnegare i padri stanchi e sfiduciati. Partiti i più con tutto l’entusiasmo della loro giovinezza essi erano tornati invecchiati anzitempo dalla visione della morte che invano sembrava aver rapito forse i migliori fra loro. Mentre essi sulle balze insanguinate, negli acquitrini fangosi, nelle nebbie delle terre straniere si affermavano con tenace ardimento per non tornare vinti, avevano sentito montare dietro di sè la marea foriera di disfatta. Dapprima pietosa e suadente, per addormentarli e cullarli nelle effimere illusioni di una pace senza vinti e senza vincitori, essa era passata poi, vista l’inutilità del narcotico, ad irridere ai loro sforzi negando le risorse necessarie per sostenerli. Ciò non bastando, dall’interno, nell’inconscia vanità di dirigere la vita di un popolo, al quale solo una suprema volontà di resistenza poteva salvare l’onore e le possibilità di una vita futura, era venuto il basta perentorio che doveva sbandare gli ultimi di buona volontà non ancora inquinati dal veleno corrodente nel popolo tedesco le sue più belle qualità guerriere. Già di per sè, logicamente, la guerra mondiale doveva portare, come anche altre guerre, sebbene d’importanza infinitamente minore, degli scombussolamenti nella vita familiare perchè l’assenza del capo doveva avere conseguenze fatali, alle quali invano sì oppose lo spirito di abnegazione delle madri che, nella loro stragrande maggioranza, seppero degnamente sostituire, nei limiti delle loro possibilità, i mariti assenti nell’educazione dei figli. Purtroppo però le necessità della vita materiale costrinsero, specialmente negli strati popolari, molte madri ad abbandonare il focolare domestico per cercare altrove il necessario alla vita familiare. Spesso i figli stessi, per fame e miseria, furon costretti ad aiutarsi da sè come uccelli usciti dal nido lungi dalle protettrici ali dei genitori. Tale sconvolgimento e tale allentamento del nucleo familiare che, specialmente fra i tedeschi, era considerato come qualche cosa di sacro, doveva portare in tutti i riguardi a delle conseguenze funeste per la vita del paese. La nuova generazione tendeva ad affermare la sua vita indipendentemente dal passato isterilendosi in una vana accusa, per cui lo sfacelo morale si aggiunse a quello politico-economico. Nella foga del suo spirito anarchico essa sembrava voler soffocare la generazione dei padri sotto il fango, che, immeritatamente, per colpa dei pochi, aveva insozzato tutti i tedeschi. Questa gioventù, che poteva considerarsi‘ormai perduta per il suo paese, secondo i calcoli dei soliti profeti, andava ad ingrandire l’esercito dei diseredati, aggiungendo la tremenda forza della sua massa, della sua energia, della sua disperazione a quella di milioni di illusi che lottano per una felicità culminante più smesso nelle segrete e davanti ai plotoni di esecuzione, mentre affermano di voler capovolgere il mondo per realizzare il nuovo credo ebraico-orientale. Concomitante al problema della famiglia si profilò anche quello della scuola. Anch’esso può esser ricondotto al fondamentale concetto della lotta con la generazione vecchia che tende a perpetuare, anche e specialmente attraverso la scuola e l’educazione dei giovani, delle concezioni di vita se non ancora del tutto superate almeno in procinto di esserlo. Le nuove generazioni rinnegarono il frutto dell’esperienza dei padri e riesaminandone i fondamenti e l’evoluzione conclusero con un severo giudizio.