PUBBL. E RICERCHE ARCH. SUGLI ESULI NAP. A TRIESTE 97 Espulsa da Lucca il 14 marzo 1814, per intimazione dell’ammiraglio inglese Lord William Bentinck, dopo avere peregrinato a Genova, a Torino, per la Savoia, a Montpellier e a Marsiglia, Elisa si rifugiò a Bologna. Poi parti per l’Austria, per protestare, presso l’imperatore Francesco I, contro il sequestro dei suoi beni privati di Lucca e Piombino, avvenuto malgrado i patti di Fontainebleau (57). Costretta il 28 giugno a fermarsi a Graz, presso il fratello Gerolamo, volle ritornare a Bologna, accompagnata da questo. Dopo la sua fuggevole dimora a Trieste dal 6 all’8 agosto, si sgravò durante il viaggio, il 10, nella villa Manin di Passariano, di Federico Napoleone Baciocchi, morto a Roma, in seguito ad una caduta da cavallo, il 7 agosto 1833. Da Passariano si restituì a Trieste il 22, per rimanervi sino al 30, onde assistere, lei ancora convalescente del suo parto, al primo parto della cognata Caterina del Württemberg (58). Giunta infine a Bologna, dovette abbandonare detta città il 25 marzo 1815, quando suo cognato Murat mosse contro l’alleata Austria, per impossessarsi dell'Italia. Fu internata a Brünn e, ottenuta con decisione sovrana del 28 febbraio 1816 l’autorizzazione di stabilirsi a Trieste, vi giunse il 20 giugno. Andò ad abitare nella villa di «Campo Marzio», da lei acquistata dal generale russo Alessio Psarò già nella prima decade del mese di maggio e dove nel 1798 aveva alloggiato il profugo Gran Maestro dell’Ordine Sovrano di Malta, Ferdinando barone de Hompesch, cacciato allora dal Bonaparte dall’isola dei cavalieri C59). Alternando il suo, soggiorno tra questa e la vasta tenuta di Villa Vicentina, da lei acquistata il 17 settembre 1818 dai conti Gorgo e da lei ampliata con Tà compera di terreni finitimi di Monastero ed Aquileia, si ammalò in quest’ultima di febbre nervosa. Con il permesso di Vienna si recò il 22 aprile 1819 ai bagni sulfurei di Baden e al 1° agosto a quelli di Franzensbad e poi a quelli di Karlsbad. Alla fine di luglio 1820, contro il parere dei medici, volle andare ai bagni di Monfalcone, ma ivi peggiorò subito e ritornata a Villa Vicentina, vi spirò il 7 agosto 1820. Fu sepolta nella cappella domestica della sua villa triestina (60). Suo marito continuò a risiedere fra noi sino al 1826, quando potè fissarsi a Bologna, dove sin dal 1821 aveva ottenuto il permesso di abitare ogni anno, per alcuni mesi. Lo decise a scegliere questa nuova residenza la caduta che fece da cavallo presso Trieste l’8 settembre 1825 e che lo lasciò zoppicante sino alla morte. Ritornò però ancora varie volte nella nostra regione e anche a Trieste (61). Il 13 febbraio 1826 il «bon et rebon» Baciocchi — così lo chiamava il Bonaparte — fece trasportare a Bologna, per continuare ad averla vicino, la salma di Elisa, che fu poi tumulata il 2 ottobre di quell’anno in San Petronio, nella cappella comitale dei Rossi Marsigli, sacra a S. Giacomo, di cui ottenne la cessione e il giuspatronato e nella quale riposa oggi lui pure. Il loro sepolcro fu eretto nel 1820 da Cincinnato Baruzzi su disegno di Filippo Antolini e reca sculture di Lorenzo Bartolini. Ha a fianco, immurata dietro una lapide con epigrafe francese, l’urna col cuore e i visceri di Elisa, trasportata ivi dal cimitero della chiesa di Villa Vicentina. Dirimpetto si eleva un secondo monumento, che come il primo ornava sino al 1826 la cappella di Villa Campo Marzio e contiene le spoglie dei figli Carlo e Napoleone, morti in tenera età e di Gerolamo Carlo, nato a Parigi il 3 luglio 1810 e deceduto a