NUOVO ACQUISTO Nel marzo di quest’anno veniva firmato a Vienna il trattato col quale la Jugoslavia entrava a far parte del patto tripartito accettando le condizioni poste dall’Asse per la sua collaborazione alla nuova Europa. I ministri jugoslavi firmatari erano partiti quasi alla chetichella causa l’ostilità dell’opinione pubblica del loro paese che, infeudato alle plutocrazie occidentali, non vedeva che per i loro occhi e non voleva perciò saperne di accettare il programma di ricostruzione europea stabilito dalle potenze alleate di Germania e d’Italia. Anzi di sottomano si negoziava un patto di amicizia con la Russia bolscevica che, anche in mutata veste politica e sociale, appariva pur sempre come la continuatrice della grande idea panslava intesa a diffondere il potere dello slavismo dal Mediterraneo al Pacifico e dal Bosforo al Mar Glaciale. L’Italia coll’accettare la partecipazione della Jugoslavia al Tripartito portava sull’altare della pace europea uno dei più gravi sacrifici della sua politica estera. Era la rinuncia forse definitiva alla liberazione delle terre dalmate che sanguinavano sotto il dominio retrogrado di una nazione perpetuamente ostile alle affermazioni della nostra civiltà sulle sponde orientali di quell’Adriatico che non sarebbe così forse mai più diventato un Iago italiano. Ma l’Italia, conscia della sua responsabilità di ordinatrice della nuova Europa, ad onta di tutto non volle esimersi dal tentare anche la via delle più dure rinunce pur di raggiungere quella regolazione pàcifica dei rapporti col vicino che era una delle premesse fondamentali su cui doveva basarsi il nuovo ordinamento europeo. C’è però una Provvidenza che regola i destini dei popoli e questa Provvidenza «dementat quos perdere vult». Mai più chiara potrà apparire questa aurea sentenza come nei riflessi di quella che fu la Jugoslavia, pupilla delle democrazie occidentali da esse legata fin dalla sua nascita ad una funzione antitaliana di carattere preminente. Destinata dunque fin dall’origine a rappresentare una spina nel nostro fianco essa non venne mai meno, negli anni seguiti all’infausto patto di Ver-saglia, al compito assegnatole e noi possiamo affermare ampiamente che da essa non abbiamo avuto mai pace. Con la mentalità del botolo ringhioso, che non è mai contento nè tranquillo, essa è stata sempre pronta col suo latrato in qualunque occasione. Ringhiò quando noi imprendemmo a salire lenti ma sicuri nella considerazione