VITTORIO BETTELONI NELLA CRITICA E NELLA POESIA 87 Marradi: «...il Marradi, come ho detto, poco o nulla conosce di mio. Pare che egli neppure sospetti che, oltre ai miei versi giovanili, io feci qualche altra cosa. Forse mi crede morto. Certo mi pone col Praga, il Tarchetti, lo Zendrini, che sono morti, poveretti, tutti e tre. Io, invece, sono rimasto in vita. Capisco che non è merito mio. Ma non vissi inoperoso e questo è merito mio». Queste parole il Betteioni le scrisse nel 1903 sette anni prima della sua morte. Era, allora, già quasi un dimenticato. Sic transit gloria mundi! Ora l’astro del Verga è già risalito nel cielo delle patrie lettere e vi brilla di nuovo e di più vivo splendore. Di lui la Casa Mondadori ha provveduto alla ristampa d’una nuova lussuosa edizione de «I Malavoglia» e di «Mastro - don Gesualdo»; di lui ha parlato l’accademico Bontempelli e l’Antologia ne ha pubblicato il discorso, poco tempo fa, non che il carteggio tra il Verga e Luigi Capuana. Ma che è del nostro Betteioni? La patria sua Verona pare lo abbia messo in oblio, non si sa per quali ragioni. Delle sue poesie non fu fatta una altra edizione dopo quella curata da Silvio Benco: «Le più belle pagine di Vittorio Betteioni» e apparsa nel 1927 nella Collezione degli Scrittori italiani di Treves. E’ uscito, sì, a meglio illustrare la figura del poeta nel suo carteggio con i contemporanei, due anni fa, il volume del Brognoligo: «Vittorio Betteioni, note biografiche e critiche desunte dal suo carteggio, a cura e con prefazione di Annibaie Alberti. Bologna, Nicola Zanichelli 1938 (in 8° pp. XX-414)». Ma null’altro. Del quale volume del Brognoligo noi qui non diremo nulla, avendone già ragionato a fondo e con cognizione di causa due altri, cri ti ci: Italo Visentin nel Bollettino della Società Letteraria di Verona (anno XIV, n. 3 (LXVII) settembre 1938-XVI) e specialmente Carlo Calcaterra nel ciaro ed ésauriente Estratto dal «Giornale Storico della letteratura italiana», voi. CXII. 1938, Fase. 335-336. Ci preme, invece, di dire d’un altro opuscoletto pubblicato forse in vista delle onoranze che la città di Verona s’apprestava a rendere al poeta per il centenario della sua nascita il 14 giugno del 1940, sotto il titolo: ,,L’idillio domestico” e la „Piccola epopea per i fanciulli” di Vittorio Betteioni. Note illustrative di G. B. (nel centenario della nascita 14 Giugno 1940). Verona, La Tipografica Veronese 1940-XVIII. Autore dell’opuscolo è il figlio di Vittorio Betteioni, Gianfranco, poeta anche questi come suo padre e suo nonno Cesare, l’ombra dei quali, però, troppo grande, gli impedisce, modesto com’è, di mettersi in luce o, forse, non gliene importa nemmeno. Pieno d’un reverente rispetto per la memoria del suo illustre genitore, Gianfranco rifa per sommi capi, nell’opuscolo, la storia della fama di lui, storia, che io completo qui alla meglio, a mio modo, a cominciare dall’intervento di G. Carducci nella prefazione ai «Nuovi versi» del 1880. Il quale intervento, non certo spontaneo, ma provocato o promosso da un’altra persona (la Piva o Lina della «Primavera Italica», di cui il Carducci era, allora, follemente innamorato, e per cui faceva anche delle frequenti scorribande a Verona e nel suo territorio), se procurò al poeta veronese fama improvvisa, insperata, in séguito però gli nocque. Il Carducci intanto, in quella prefazione, dopo aver battagliato a destra e a sinistra, venuto a parlare del Betteioni e delle tre epoche del Canzoniere