308 BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO nella funziono di Organo della sezione di Trieste della R. Deputazione di Storia Patria per le Venezie, sempre per l’appassionato merito del direttore Piero Sticotti, è ricco, interessante e 'vario, facendo rivivere il passato della nostra Trieste nelle sue più significative epoche, dall’antichità romana con le sue epigrafi e i suoi musaici, alla legislazione degli Statuti trecenteschi, alle secolari Confraternite religiose, agli avventurieri e poeti del seco- lo XVIII. Accanto a valorosi collaboratori viventi, ritroviamo i chiari e cari nomi di tre nostri studiosi scomparsi: di Pietro Kandler e Attilio Hortis sono, come vedremo, pubblicati scritti postumi ; mentre ci è stato ora dato l’utilissimo Indice dei nomi e delle cose del Commercio e vita privata di Trieste nel 1400 di Jacopo Cavalli, a cura di Gabrio de Szombathely. Scritti di pura erudizione si avvicendano con altri di natura capace di attrarre e — perchè no? — divertire una più vasta cerchia di lettori. Nè Trieste è il solo argomento trattato: la carsica Lipizza e l'antica parlata di Muggia, alcuni momenti della vita di Gorizia sono pure oggetto di studii. Soffermiamoci anzitutto sul dotto studio di Attilio Hortis dal tìtolo: Un codice epigrafico triestino del secolo XV. Come spiega Giacomo Rraun in una breve nota introduttiva, esso doveva costituire la IV Appendice della Storia della vita intellettuale in Trieste dal secolo XIV al XVIII e delle sue attinenze con la politica, del-l’Hortis, tuttora quasi interamente inedita. Interessante la storia del codicetto che reca 74 iscrizioni romane raccolte a Trieste, scritto a Trieste nel 1400, che deve aver molto vagabondato ed esser passato per un’infinità di mani, finché intorno al 1826 fu comperato a Parma da Domenico Rossetti; e da lui passò al Kandler, il quale lo studiò e scrisse una dissertazione, specie per stabilire se fautore di esso fosse triestino: prosa fremente di patriotico orgoglio per le vestigia romane che Trieste possiede, e che pur nell’età di mezzo conservò e studiò. Rimasta inedita, doveva venir inserita almeno in parte, nella Storia dell’Hortis, unitamente a lettere del Kandler o a lui dirette, sull’argomento. Pubblicato integralmente nell'Archeo-grafo, questo materiale de’ nostri due insigni storici assume un carattere di viva attualità, perchè sulle iscrizioni antiche di queste terre è stata detta testé l’autorevole, definitiva parola a cura del nostro illustre archeologo Piero Sticotti, il quale proprio in questi giorni ha ultimato un suo grande lavoro: la pubblicazione delle epigrafi della Regione Giulia per il Corpo delle Iscrizioni d’Italia, a cura del Consiglio Nazionale delle Accademie. NelI’Archeografo lo Sticotti illustra in occasione del Centenario della Riunione Adriatica di Sicurtà le antichità che vennero alla luce nel 1913, quando si demolirono i vecchi editici nel centro di Trieste per costruire la sede del sodalizio: musaici romani che vennero riprodotti nell’atrio del palazzo stesso, resti di condutture, anfore, lucerne pagane e cristiane, ora al Museo di Storia e Arte. Al Castello invece è stato sistemato un leoncino in pietra del Carso reggente lo stemma dei Bonomo, del secolo XV, pure scoperto dallo Sticotti entro un pozzo in quell’area. Quattro tavole riproducono tutti i cimeli studiati nel testo. Al Diritto privato negli Statuti triestini del 1350 è dedicato uno studio di più di cento pagine, arricchito di bibliografia e centinaia di note, di Gregorio de Totto, il quale opportunamente coordinò le notizie di carattere giuridico sparse negli Statuti del 1350 pubblicati da Marino de Szombathely nel 1930. Nel diritto della nostra città, allora in via di formazione, si facevano sentire gl’influssi della legislazione dei potentati ad essa confinanti: il Patriarca d’Aquileia, Venezia, l’impero. Le persone, le cose, le obbligazioni sono gli argomenti sui quali verte la dotta trattazione. Con diletto pari al profitto si legge lo studio di Baccio Ziliotto su i rapporti tra Lorenzo da Ponte e Giuseppe de Coletti, noto il primo specie come librettista di Mozart, benemerito il secondo per la cultura delle nostre terre, quale fondatore a Gorizia dell’Accademia Romano-Sonziaca, poi dedotta a Trieste, e, qui, dell’«Osservatore Triestino», della biblioteca pubblica e del primo nucleo del Museo d’antichità. Il da Ponte ebbe a imbattersi nel Coletti a Gorizia nel 1777 e a Trieste nel 1791 : ed entrambe le volte lo fece oggetto della sua animosità, bollandolo nelle sue Memorie con roventi accuse, che gravarono finora sul suo nome. Certo il Coletti non avrebbe potuto desiderare miglior paladino dello Ziliotto che, profondo conoscitore del tempo e dell’ambiente, e giovandosi pure d; documenti inediti in un codice triestino, smonta il falso e perfido castello dapontiano e ricostruisce la verità riuscendo, con il suo garbato acume e vivacità polemica, a convincerci che il Coletti fu vittima di calunnie tanto più perfide e immeritate, in quanto da Ponte non aveva avuto da lui se non benefici e pubbliche lodi. Ad Arduino Berlam dobbiamo uno studio su quell'Equile di Lipizza che rese ee-