252 CARLO RAPOZZI antitaliano sia sotto veste nazionale che sotto quella internazionale. Partendo unicamente da questo punto di vista, ben altro avrebbe dovuto essere il trattamento da usare dopo la nostra vittoria. Anche quando si affacciò la possibilità del presente conflitto, come esultarono i nuovi soggetti al pensiero che si sarebbero finalmente realizzate le speranze sì a lungo accarezzate, certi che questa Italia se anche si spacciava per grande potenza, sarebbe crollata, proprio come invece è crollata la loro organizzazione politica, per mancanza di spina dorsale. E quando venne il pauroso salto nel buio, quando videro che quanto avevano sperato spariva per sempre dal novero delle possibilità umane, allora pensarono con terrore ai nuovi dominatori del littorio e della croce uncinata perchè nella loro mentalità di deboli pronti a inferocire contro i vinti non si rendevano conto come fosse differente il concetto che del comportamento verso il paese conquistato con la forza delle armi ha un grande popolo civile. Però invece di essere grati alla sorte di aver loro risparmiato, sia pure col crollo di ogni più cara aspirazione, gli orrori di una guerra che sarebbe stata per loro tremenda, pensarono che la nostra superiore civiltà fosse debolezza e stimarono che la vittoria fosse stata per noi tanto rapida ed impensata che non sapevamo capacitarcene. Ritennero perciò di poter ripetere al momento opportuno il giuoco degli allogeni nel dopoguerra, di tenere cioè a vile il paese che riportava sui limiti antichi i segni di Roma per ridar nuova vita a regioni abbandonate da incuria di governi e da neghittosità di popoli. Ma male si sono apposti perchè la spada di Roma, che non è più una espressione rettorica, è stata forgiata frattanto di ben altro metallo che non fosse quello di decenni orsono e ora dove cade taglia ogni nodo in maniera definitiva stroncando qualsiasi velleità di resistenza sia attiva che passiva. I nuovi cittadini potranno trovare in noi tutta la comprensione che ci detta la nostra superiore civiltà e la coscienza di un alto compito da assolvere in quello che è il nostro spazio vitale, ma, se mai si azzardassero a scherzare col fuoco, sarà bene che si ricordino come accanto alla spada di Roma stia sempre la scure del littore, pronta a stroncare ogni voluta incomprensione sia della loro nuova condizione che dei loro doveri verso l’organismo statale del quale sono venuti a far parte, sia pure contro la loro volontà. Per decenni siamo stati in pochi a conoscere la psicologia dei nostri vicini e invano ne abbiamo resi attenti i fratelli delle vecchie provincie i quali, da contatti fuggevoli e superficiali, ritraevano la sensazione di un perfetto lealismo degli allogeni nei nostri confronti, tacciandoci di esagerazione e di settarismo derivante da contrasti del passato che avevano fatto ormai il loro tempo. Non conoscevano però la subdola capacità di simulazione tipicamente balcanica di questa gente. Ora però i fatti recenti hanno aperto gli occhi a tutti gli italiani e, anche se ciò non fosse, l’Italia ha ormai un governo forte e illuminato, padrone delle sue decisioni, che sa premiare i meritevoli e colpire inesorabilmente i ritrosi che volessero opporsi alla marcia della nuova civiltà fascista e imperiale, che nessuna ostilità di tipo balcanico potrà più fermare. CARLO RAPOZZI