— 100 — tica : sono necessità passeggere e inevitabili. A guerra finita, ciascuno rientrerà in casa sua, e non ne uscirà più » (39). Si cercava così, con alta sapienza politica, di non eccitare contro 1’ Italia i sospetti delle popolazioni slave dell’altra sponda, in un periodo storico nel quale, secondo la istorio-grafia introdotta in Italia in questi ultimi tre anni, la Dalmazia era paese italiano, e l’Austria non vi aveva ancora importati gli Slavi per sopprimere in Dalmazia la italianità. Si legga il volume I diritti d’Italia su Trieste e l’Istria, e si dovrà riconoscere che dal 1870 in poi, nessuno ha mai pensato a rivendicare all’ Italia la Dalmazia, neanche in quell’agitatissimo periodo che fu l’età d'oro dell’ irredentismo, e che va dal 1875 al 1882. La Stella dell’esule del 1879 ignora del tutto la Dalmazia. Nel 1903, i componenti àz\Y Associazione prò Trieste e Trento, che presentavano alla Camera dei Deputati una petizione affinchè fossero meglio sistemati i rapporti fra Italia e Austria, rettificandosi col criterio dei diritti nazionali i confini fra i due Stati, accennavano anche alla Dalmazia colle seguenti parole : « Nei non dimentichiamo, che sulle coste dalmate vive una valorosa popolazione italiana, che lotta strenuamente contio 1’ invadenza croata ; ma è ctrlo che stabilendosi fra i due Stati (Austria-Ungheria e Italia) rapporti sinceri e cordiali (mediante la cessione all’ Italia della Venezia Tridentina e della Venezia Giulia), quella popolazione italiana avrebbe assicurata piena integrità dei suoi diritti linguistici » (Milano, Biasioli e Ma-relli, 1903, pag. 23). Quel che nel 1903 era possibile fra Austria e Italia, per quali motivi non dovrebbe essere possibile oggi fra la nuova Sla via e Italia ? Ancora nel 1911 Videa nazionale affermava la ne-