Magari si può dare anche a queste convenzioni la garanzia internazionale nel trattato di pace. Esigere sul porto di Trieste più di questo, sarebbe da parte degli Slavi una evidente prepotenza, che troverebbe concordi nella resistenza tutti i partiti italiani. I nazionalisti sloveni rifiutano questa soluzione del problema della Venezia Giulia, perchè aspirano a sopprimere gl’ Italiani nell’Adriatico orientale, e tendono a fare del nuovo Stato slavo l’erede delle pretese e degli odi austriaci nell’Adriatico, di fronte all’ Italia. S’illudono che quel gruppo di poco più che un milione di Sloveni, che vivono fra i Tedeschi dell’Austria e le coste dell’Adriatico, possa colle sue sole forze, soffocare nello stesso tempo gl’ Italiani nell’Adriatico e tenerne lontani politicamente i Tedeschi. D’altra parte, i nazionalisti italiani della Venezia Giulia e i loro alleati di Roma, accecati dagli odii municipali contro gl! Slavi, dimenticano che Trieste nel pensiero dei pangermanisti che è stato, del resto, il pensiero di Bismark fino dal 1866, e della Dieta di Francoforte fino dal 1848, non deve essere porto, nè italiano, nè sloveno, ma tedesco. L’ Italia disputa Trieste, non tanto agli Slavi, quanto alla German a. E mentre, in questi ultimi trent’anni, Italiani e Sloveni, aizzati dal Governo austriaco, si dilaniavano fieramente, i Tedeschi si facevano avanti e occupavano nella vita economica della città disputata i posti migliori, e si preparavano a fare dell’Adriatico un mare tedesco. E la pangermanista e ufficiosa Tàglische Rundschau ha rivelato che nel convegno di Konopischt (12 giugno 1914) fra Guglielmo II e l’Arciduca Francesco Ferdinando, Guglielmo II consentì al suo alleato di inghiottire la Serbia e aprirsi la via verso Salonicco ; in compenso « la questione